La rivista, le discussioni e quant'altro hanno un nuovo indirizzo:
www.vorrei.org
per contatti: larivistachevorrei at gmail.com
ti aspetto
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mercoledì 23 aprile 2008
Un indirizzo per la rivista.
Pubblicato da larivistachevorrei alle 16:13 0 commenti
mercoledì 5 marzo 2008
Il giornale che vorrei.
È nata l'associazione culturale "Vorrei". Sarà lei a pubblicare il nuovo giornale, saranno i suoi iscritti ad eleggere il comitato di redazione e il direttore. Tu conosci un altro giornale qui in giro dove il direttore viene eletto dai redattori? Anche questo è un modo per essere indipendenti e per provare a dare un senso nuovo ad una rivista. Stiamo già lavorando alla struttura e ai contenuti dei primi numeri, insomma l'avventura è cominciata. Proveremo a "inaugurare" per la fine di aprile. Continuiamo a fare le cose alla luce del sole: lo statuto è qui di seguito e siamo pronti ad accogliere suggerimenti e consigli. Fatti avanti!
STATUTO ASSOCIAZIONE CULTURALE
Art.1 – Denominazione e sede
È costituita una associazione culturale denominata “Vorrei” con sede in xxxxxxxxxxx
L’associazione è regolata dalla normativa vigente di cui agli artt. 36 e seguenti del Codice Civile e dalle ulteriori disposizioni dettate per le organizzazioni non lucrative di utilità sociale.
Art.2 – Finalità e scopi
L'associazione non ha fini di lucro.
I soci sono tenuti all’accettazione delle norme del presente Statuto.
L’associazione ha carattere laico, indipendente, autonomo e apartitico;
essa si propone di:
curare una pubblicazione (di qui in seguito “rivista”) il cui tema principale, ma non esclusivo, sia la cultura del territorio nelle sue varie forme ed accezioni;
operare nei settori dell’informazione, del cinema, degli audiovisivi, del teatro, della musica, della danza, della scrittura, delle arti visive, della comunicazione attraverso attività editoriali, attività educative e formative;
promuovere iniziative in tutti i campi in cui si manifestano esperienze culturali, ricreative e formative, di solidarietà sociale e in tutti quelli in cui si può intraprendere con coraggio una battaglia civile contro ogni forma di ignoranza, di intolleranza, di violenza, di censura, di ingiustizia, di discriminazione, di razzismo e di emarginazione, di difesa dei diritti dell’uomo;
difendere e valorizzare il patrimonio artistico, culturale, paesaggistico, ambientale e per la qualità della vita;
collaborare con organi legislativi, amministrazioni statali, enti locali, per il raggiungimento del miglior risultato;
promuovere ed organizzare, anche in collaborazione con altri organismi di cui condivide gli scopi, incontri, dibattiti e manifestazioni, su temi attinenti al proprio scopo sociale.
L'associazione intende perseguire le proprie finalità favorendo lo spirito di partecipazione e di collaborazione, con ironia, irriverenza e intelligenza, adoperando qualsiasi strumento a disposizione per la comunicazione, in special modo quelli che ne favoriscono l'innovazione.
Art. 3 – Risorse economiche
Le risorse economiche dell’associazione sono costituite da:
quote sociali e eventuali contributi volontari degli associati
contributi di enti pubblici ed altre persone fisiche e giuridiche il cui operato e le cui finalità non siano palesemente contrari ai principi fondativi dell'associazione;
eventuali erogazioni, donazioni e lasciti;
eventuali entrate per servizi prestati dall'associazione nell’ambito delle attività istituzionali e di quelle connesse;
ogni altra entrata che concorra ad incrementare l’attivo sociale nel rispetto della legislazione vigente e dei principi espressi in questo Statuto.
Art. 4 – I soci
Il numero degli associati è illimitato.
L’associazione “Vorrei” è aperta a tutti coloro che, interessati alla realizzazione delle finalità sociali, ne condividano lo spirito e gli ideali e siano disposti a contribuire con la propria attività alla loro concreta realizzazione.
I soci si distinguono nelle seguenti categorie:
Soci fondatori: sono coloro che hanno costituito legalmente l’associazione e coloro che, per meriti particolari, siano cooptati dal Consiglio Direttivo. Sono tenuti al pagamento della quota sociale e ad una costante collaborazione alla redazione della rivista.
Soci ordinari: sono coloro che vogliono partecipare e collaborare alla realizzazione degli scopi statutari contribuendo con il versamento della quota associativa e con la collaborazione alla redazione della rivista anche in forme sporadiche. La loro iscrizione è valida se approvata dal Consiglio Direttivo.
Soci straordinari: sono coloro che contribuiscono alla vita associativa con versamenti volontari.
I soci fondatori ed i soci ordinari sono a tutti gli effetti elettori ed eleggibili a tutte le cariche sociali.
Gli eventuali soci minorenni hanno gli stessi diritti e gli stessi doveri di tutti gli altri associati, ivi compreso il diritto di partecipazione e voto in assemblea.
Art. 5 – Organi dell’associazione
Sono organi dell'associazione:
l'Assemblea dei Soci, che coincide con il Comitato dei Garanti;
il Consiglio Direttivo, che coincide con il Comitato di redazione;
il Presidente, che coincide con il Direttore editoriale;
il tesoriere.
Le cariche associative sono ricoperte a titolo gratuito.
È invece previsto il rimborso delle spese sostenute e precedentemente autorizzate dal Consiglio Direttivo, purché debitamente documentate.
Art. 6 – L’Assemblea
L’Assemblea dei soci è composta dai soci fondatori e dai soci ordinari. Essa coincide con il Comitato dei Garanti e rappresenta l’organo sovrano dell’associazione.
L'assemblea è convocata dal Presidente almeno una volta all’anno e, comunque, ogni qualvolta sia deliberata dal Consiglio Direttivo o ne faccia richiesta scritta almeno tre decimi dei soci in regola con il pagamento della quota sociale.
La data e l’Ordine del Giorno saranno comunicati con i mezzi che il Presidente riterrà opportuno, anche tramite la rivista.
Per la validità della sua costituzione e delle sue delibere in prima convocazione è necessario che siano presenti o rappresentati almeno la metà degli associati e le delibere sono prese a maggioranza dei voti.
Non raggiungendo questo numero di voti, , la sessione è rimandata a non più di quindici giorni. Nella seconda convocazione l’Assemblea si riterrà valida qualunque sia il numero dei soci presenti o rappresentati.
Spetta all'Assemblea deliberare in merito:
all'elezione del Presidente dell’associazione che coincide con il Direttore editoriale della rivista;
all'approvazione del bilancio consuntivo e preventivo;
alla nomina del Comitato Direttivo ed alla definizione del numero dei membri;
alla nomina del tesoriere;
all'approvazione e alla modificazione dello statuto;
ad ogni altro argomento riservatole dallo statuto o che il Consiglio Direttivo intendesse sottoporre.
Art. 7 - Il Consiglio Direttivo
Il Consiglio Direttivo coincide con il Comitato di redazione della rivista ed è composto da un numero di membri variabile da tre a nove, scelti tra i soci.
Dura in carica tre anni e i suoi membri sono rieleggibili.
Il Consiglio Direttivo elegge al suo interno il Presidente ed eventualmente un Vicepresidente.
Qualora, durante il mandato, venisse a mancare uno o più membri del Consiglio Direttivo, il Consiglio Direttivo coopterà altri membri in sostituzione dei membri mancati; i membri cooptati dureranno in carica fino alla prima assemblea, la quale potrà confermarli in carica fino alla scadenza del Consiglio Direttivo che li ha cooptati.
Al Consiglio Direttivo spetta:
prendere tutte le decisioni inerenti al funzionamento dell’associazione, nei limiti statutari, e alla pubblicazione della rivista;
predisporre il bilancio preventivo ed il rendiconto annuale.
Art. 8 - Il Presidente
Il Presidente, che coincide con il Direttore editoriale della rivista, ha la legale rappresentanza dell’associazione e dà esecuzione alle delibere del Consiglio Direttivo.
La carica di Presidente ha la durata di un anno, è rinnovabile e può essere revocata su decisione del Consiglio Direttivo votata a maggioranza di due terzi e ratificata dall'assemblea.
Art. 9 – Il tesoriere
Il tesoriere è nominato dall'assemblea che lo sceglie anche tra i non Soci. La sua funzione è controllare la correttezza della gestione in relazione alle norme di legge e di Statuto. Egli predispone una relazione annuale in occasione della approvazione del Bilancio consuntivo.
Il tesoriere partecipa alle assemblee e alle riunioni del Consiglio Direttivo.
Art. 12 – Durata e scioglimento
L'associazione ha durata fino al 2050, e potrà essere prorogata o anticipatamente sciolta con delibera dell’assemblea dei soci.
Lo scioglimento dell’associazione è deliberato dall’Assemblea straordinaria.
La maggioranza necessaria per tale decisione è di due terzi dei soci in prima convocazione e della maggioranza semplice in seconda convocazione.
In caso di scioglimento dell'associazione, per qualunque causa, il patrimonio sarà devoluto ad altra organizzazione senza fini di lucro avente scopo analogo o affine o a fini di pubblica utilità, salvo diversa destinazione imposta dalla legge vigente al momento dello scioglimento.
Art. 13 – Norma di chiusura
Per tutto quanto non previsto dal presente statuto si fa riferimento alle norme del codice civile e alle leggi in materia.
Pubblicato da larivistachevorrei alle 10:24 0 commenti
mercoledì 27 febbraio 2008
Mousse. La qualità paga e non si paga
Essere indipendenti e avere successo. È possibile. È successo a Mousse. Un ottimo freepress (mensile formato tabloid tipo quotidiano) che tratta solamente arte contemporanea e che nel giro di un anno e mezzo è passato da poche migliaia di copie e meno di 50 pagine distribuite solamente a Milano, a 40.000 copie e circa 120 pagine bilingue distribuite in giro per l'Italia e non solo. Il solito giornaletto impataccato di notizie liofilizzate e lanci di agenzia? neanche per incubo. Articoli lunghi, interviste e tanta attenzione e cura. Riporto alcuni passaggi dell'intervista rilasciata a Undo.net da uno dei direttori, Alessio Ascari.
Cosa limita in qualche modo la libertà di scelta di una rivista?
Limiti ce ne sono tanti. Per cominciare, le difficoltà economiche che una rivista indipendente per forza di cose ha: se fossimo un pò più ricchi potremmo fare un sacco di cose che abbiamo in mente ma che non possiamo realizzare per motivi banalmente economici. Quindi sì, sicuramente il budget di una rivista indipendente impone dei limiti. Però è anche vero che questi limiti in certi casi possono avere un effetto benefico, diventare degli stimoli: sai che devi fare una cosa con un budget limitato e così ti ingegni, tiri fuori dei piani B, delle soluzioni non scontate e magari nuove... Dalla componente economica per esempio è scaturita la scelta di fare un giornalaccio, un tabloid stampato su una carta da due soldi, che però poi alla fine è gratuito, il che non è mai male.
Cosa intendi per rivista indipendente?
È semplice. Una rivista indipendente è una rivista che non ha un editore alle spalle. Quando c'è un editore che mette dei capitali e che quindi - non per forza, ma molto spesso, diciamo quasi sempre, succede così - finisce per influire più o meno direttamente sui contenuti, la rivista non è più indipendente. Nel nostro caso, per fortuna e purtroppo, noi siamo editori, direttori, collaboratori di noi stessi, e quindi dipendiamo solo ed esclusivamente da noi stessi. Poi c'è l'attitudine, lo spirito, lo sguardo: più si è liberi dai condizionamenti (di qualsiasi tipo essi siano) e più si è agili. L'indipendenza e l'agilità vanno insieme.
Qual'è il rapporto con il territorio su cui operate? Nonostante Mousse abbia un registro alto e una portata internazionale, c'è sempre uno sguardo e una stretta relazione con il territorio di Milano.
Milano è la nostra città, la rivista è nata a Milano, i primi numeri sono stati distribuiti solamente a Milano: quindi l'impronta per forza di cose c'è. Allo stesso tempo, forse è antipatico dirlo, credo che per quanto riguarda le istituzioni private, come le gallerie e le fondazioni - per le istituzioni pubbliche si apre tutto un altro discorso - Milano sia la città dove succedono le cose più interessanti e di respiro più spiccatamente internazionale. E quindi ci viene naturale, per una questione di vicinanza fisica e poi per una vicinanza in un certo senso spirituale, avere un occhio di riguardo per la nostra città. Niente di male, infondo. Se succedesse a Napoli o a Roma o in qualunque altro posto nessuno penserebbe a una forma di snobbismo, credo.
In che modo una rivista può porsi come strumento di critica e riflessione?
In moltissimi modi. Per quanto ci riguarda, ti risponderei partendo dal formato che abbiamo scelto: molto povero, un giornalaccio come dicevo prima; un format molto democratico, a tiratura alta e distribuzione gratuita. Fin dall'inizio l'idea è stata giocare sulla duplicità - in modo un pò subdolo, se vuoi, ma divertente; volevamo dare al pubblico una rivista che si distinguesse per i contenuti di qualità e si proponesse come piattaforma di approfondimento vero e proprio, e allo stesso tempo fosse condita e impacchettata in modo accattivante e molto pop, per rendere il più appetitoso e digeribile possibile il messaggio (i messaggi!) che volevamo lanciare. Se ci fai caso, infatti, nonostante l'apparenza disinvolta e "leggera", Mousse è fatto più che altro di approfondimenti: ossia, poche news e tanti articoli lunghi, sui quali bisogna fermarsi e che richiedono di essere letti davvero.
Pubblicato da larivistachevorrei alle 14:31 0 commenti
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sabato 23 febbraio 2008
La fabbrichetta del consenso
C'è un aspetto nella nascita della "rivista che vorrei" a cui guardo con molta attenzione e preoccupazione. È quello della relazione fra i contenuti, il lavoro di redazione e il sistema dei partiti e degli schieramenti, ovvero con quella che con una metonimia inflazionata chiamiamo "politica".
Nei giorni scorsi abbiamo accennato, sul blog e in riunione, al ruolo che dovrebbero avere coloro i quali hanno compiti e incarichi politico-amministrativi. Si è deciso di non porre alcun veto e mi pare giusto perchè altrimenti, di per sè, sarebbe stata solo censura preventiva.
Quello che - secondo me - invece deve restare fuori dalla rivista non è questo o quel nome. Quello che deve restare fuori è la logica che regge, per quel pochissimo che ne so, il sistema dei partiti. In quel microcosmo vige un criterio, quello del consenso, che è molto simile a quello che regge il mercato, le vendite. Rozzamante potrei dire che è "più bravo" un politico perchè raccoglie più consenso così come è "più bravo" un concessionario perchè vende più auto.
Un giornale come quello a cui stiamo lavorando, non di schieramento, non di partito, non commerciale, non vende auto e non raccoglie consenso. Per nessuno se non per se stesso. Mostra e dimostra quello che crede essere davvero interessante, come direbbe Chomsky «ha il compito di scoprire e di riferire la verità, non già di presentare il mondo come i potenti desiderano che venga percepito». Indipendentemente dal fatto che questo faccia vendere più auto o raccolga più consenso per un partito o per uno schieramento.
La logica "da schieramento" arriva a volere che se una notizia o un argomento, una narrazione non rende consenso, imbarazza, crea "attriti interni" non la si pubblica. Non vorrei, non voglio mai vedere nulla di simile nella rivista che vorrei.
Io so che questo è difficile da condividere e digerire per chi (prima o poi) si ritrova a fare i conti con il consenso, in una campagna elettorale o in una riunione di segreteria. Ma è bene che lo sappia.
Io so, perchè in venti anni di giornali e giornalini l'ho visto tante volte, che la ricerca del consenso fa brutti scherzi. Non ti fa dire pane al pane e vino al vino. Perchè quel pane e quel vino potrebbero urtare la sensibilità dei moderati, del ceto medio, dei centristi, dei credenti, dei compagni, dei pensionati, degli amici.
Chi ha a cuore più il consenso per uno schieramento che la genuinità del pane e del vino da offrire sul tavolo della pubblicazione, è meglio che cerchi spazio altrove.
La rivista che vorrei potrebbe portare troppi mal di pancia, troppi musi lunghi nelle segreterie e nelle sale riunioni.
La rivista che vorrei di queste precauzioni, attenzioni, sensibilità, equilibrismi, fintopluralismi se ne deve fregare.
Pane al pane e vivo al vino. Anche se per qualcuno sono indigesti.
Tanto per non andare lontano, non voglio più vedere certi tatticismi visti dentro "Monza la città" finchè ne ho fatto parte. Come non scrivere che il parroco di San Fruttuoso fa togliere i manifesti della festa dell'Unità, perchè dirlo potrebbe irritare qualche cattolico. Accontentare questo o quello, non scontentare quella o quelle. Perchè il rischio è quello di fare un giornale senza spina dorsale, facile a piegarsi al vento che tira.
Schiena dritta, l'umiltà di riconoscere i propri limiti, difetti ed errori quando ci sono, ma il coraggio delle proprie idee. Tutto il resto, equilibri ed equilibrismi e terrore da sondaggio restino fuori. Ci sono altri luoghi e altri momenti per tutto ciò.
La fabbrichetta del consenso ha già troppo spazio e tempo nella nostra vita. Io non ho nessuna voglia di offrirgliene neanche un altro po'.
Se a qualcuno non va bene, lavori al giornale che vorrebbe da un'altra parte. Oppure lo faccio io.
Pubblicato da larivistachevorrei alle 10:50 0 commenti
mercoledì 20 febbraio 2008
La frittata è fatta. Nasce la rivista!
La notizia è che si comincia davvero. Nella riunione di ieri sera abbiamo deciso di partire.
Ecco come e quando.
- Si fonda l'associazione culturale editrice. Nelle prossime due settimane si mette a punto lo statuto/carta dei principi che segna la linea editoriale generale. La quota per chi ha un reddito è di 100 euro (o più, le donazioni sono benvenute), per gli altri di 5 euro. Le quote formeranno il fondo cassa necessario a sostenere le spese di hosting ed affitto della sede per le riunioni, le spese per la registrazione della testata e le altre formalità necessarie. Tutti i soci fondatori godono dei diritti associativi (votano e possono essere eletti). Le iscrizioni successive dovranno essere approvate dai soci fondatori.
In questi giorni occorre dare comunicazione definitiva sulla volontà di diventare fondatori ed iscriversi.
- Chi ricopre incarichi politico-amministrativi può iscriversi.
- I soci sono chiamati ad esprimersi rapidamente presentando le proprie proposte per la carta dei valori, elencando i principi di riferimento da contemplare. Nella prossima riunione sarà approvato lo statuto.
- Il presidente/direttore sarà eletto dai soci.
- La rivista avrà cadenza mensile, si rivolgerà ad un ambito territoriale ma non rinuncerà ad affrontare, quando ne sarà capace, anche temi nazionali e oltre. Il criterio sarà l'incidenza che i temi hanno comunque sulla nostra quotidianità e la capacità di "dire qualcosa di intelligente a riguardo". Al nucleo di contenuti principale e mensile saranno affiancati strumenti adeguati a rendere la rivista attiva e vivace quotidianamente.
- Ai lettori sarà dato adeguato spazio per interventi, suggerimenti, commenti. I criteri per la pubblicazione o meno saranno semplici e palesi.
- La rivista, quando ne condividerà le finalità, parteciperà a battaglie civili e sociali e se ne farà promotrice.
- Sarà una rivista irriverente, indipendente e divertente (speriamo).
Riassumendo, nei prossimi giorni occorre fare:
- elenco delle adesioni
- completare le risposte del questionario
- redigere la bozza di statuto
- elenco delle ipotesi di nome
- elenco delle disponibilità degli autori
- bozza del numero zero
Avanti allora, cominciamo a divertirci.
Pubblicato da larivistachevorrei alle 09:07 0 commenti
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lunedì 18 febbraio 2008
Poche semplici domande. RSVP
Per "portaci avanti" con il lavoro, ci sono alcune domande a cui prego tutti di rispondere con poche parole. Alcuni hanno già detto la propria, li prego di ribadire sinteticamente.
Replicate scrivendo una email a ilgiornalechevorrei (at) gmail.com oppure come commento qui di seguito.
- Hai delle idee per il nome della rivista?
- Hai intenzione di iscriverti all'associazione-editrice? Junior o senior?
- Pensi che chi ha incarichi politico-amministrativi possa diventare socio o no?
- Quali sono secondo te i valori e principi a cui la rivista dovrebbe fare riferimento?
- Concretamente, quanti contenuti e di che tipo pensi di assicurare ogni mese (articolo, intervista, commento, rubrica, fotografie, video...)?
- A quante riunioni puoi partecipare ogni mese e in quale giorno ti è più possibile partecipare?
- Pensi che la rivista debba affrontare temi nazionali/internazionali?
- Pensi che la rivista debba accogliere la discussione attraverso commenti e forum?
- Che ruolo e strumenti dovrebbero avere i lettori? I commenti/interventi anonimi vanno pubblicati o no?
- Pensi che la rivista debba essere militante, debba cioè fare proprie e/o partecipare a "campagne" e "battaglie" territoriali o nazionali come, ad esempio, la difesa della legge 194, la questione dei cartelli "Monza città della pace", "Cascinazza" eccetera?
- Elenca almeno 5 argomenti generali di cui la rivista dovrebbe occuparsi (es. ambiente, cultura...) e 5 in particolare (es. Parco di Monza, Pedemontana...)
- Cosa non vorresti mai vedere sulla rivista (che di solito vedi su altri giornali)?
- Cosa vorresti vedere sulla rivista (che di solito non vedi su altri giornali)?
Se pensi abbia dimenticato altre domande e vuoi suggerirle scrivimi e aggiorno il questionario.
Pubblicato da larivistachevorrei alle 09:17 10 commenti
domenica 17 febbraio 2008
La posizione di Casalini
Pubblicato da larivistachevorrei alle 12:05 0 commenti
Tigri di Carta
In attesa di vederci martedì sera presso il Fannullone (tutti invitati, rompiscatole e menagramo esclusi), segnalo due interessanti articoli pubblicati sull'ultimo numero del mensile Carta Etc e disponibili in pdf da scaricare.
Il primo è del direttore Pierluigi Sullo e parla dello stato di salute e delle prospettive della stampa "di sinistra" di fronte all'appiattimento politico e culturale e alle ataviche difficoltà economiche a cui vanno incontro tutti quelli che non si limitano all'informazione-intrattenimento. L'altro è di Sandro Provvisionato ed è un ritratto preciso e finalmente franco dei tanti Don Abbondio che firmano l'informazione italiana.
Carta non è semplicemente un giornale, ma un sistema informativo molto articolato. Ecco come si presenta sul suo sito:
«Carta è un mezzo di comunicazione sociale. Perciò informa e mette in comunicazione tra loro ambiti diversi della società civile in ogni modo possibile. I principali sono il settimanale e il mensile Carta Etc, a tiratura nazionale. [...] Trattano la vita dei movimenti sociali, che ai media liberisti non interessa, ma offrono anche grandi reportage, inchieste sociali, approfondimenti sui temi più importanti e le notizie dei Cantieri sociali».
Trovo magnifica la definizione "un mezzo di comunicazione sociale". L'informazione, senza tutte la prosopopea dell'obiettività e della neutralità, è comunicazione innanzitutto. Nel bene e nel male.
Pubblicato da larivistachevorrei alle 09:54 0 commenti
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giovedì 14 febbraio 2008
I confini della politica e di chi la fa
Ci scrive Sergio Civati, la questione è che ruolo possono avere nella rivista coloro i quali - come lui - hanno anche un incarico amministrativo e/o politico. Ecco il testo.
cari tutti
martedi' porssimo non ci sarò (..ho consiglio comunale)..ma forse per voi questa potrà essere una buona opportunità...
Mi spiego: sulla necessità di una rivista nel territorio, ho già detto la mia in positivo, pur avendo messo lì grosse questioni nell'ultimo incontro (monza-brianza, periodicità e on line, professionalità e volontariato)
Nell'ultimo incontro, ho colto in più persone il "disagio" di poter avere nella "compagnia" gente che fa politica..e su questo sarò franco ed esplicito, in modo che martedì ne possiate riflettere.
L' eventuale indicazione dei "fuori i politici fuori.." mi lascierebbe molto perplesso e contrariato..
Al di là della mia persona, quello che non condivido, è l'idea per cui l'indipendenza di una rivista debba essere il risultato di "una immagine" da dare (ma non eravamo noi quelli dei contenuti?..) e non determinato dal contenuto nel suo contenitore, dall'impegno e dalla serietà delle persone che vi fanno parte.
Di questi tempi ormai noi "cosidetti politici" siamo visti o come "casta" o come (in questo caso) "peste".... (l'affermazione è un po' forte ma da l'idea..)
Dopo aver tanto blaterato che il "tutto politica", il professionismo della politica. etc..sono uno dei mali delle persone che la fanno.. in realtà con queste eventuali scelte, si confinano le persone che hanno incarichi politici a far solo quello...e non sono visti come innanzi tutto cittadini (come io mi ritengo tale); cittadini che hanno una loro identità sociale, culturale e personale prima ancora che politica
Persone quindi che sono in grado di tenere separate funzioni e ruoli in altri luoghi (che mi sembra avere dimostrato in monza la città..); non vorrei che oltre che ai politici, di questo passo si volgia tagli fuori "la politica che fa male..". (è un film già visto recentmente..)
Mi sembra questa eventuale indicazione riduttiva, discriminante ed anche culturalmente conservatrice rispetto alla politica stessa che vogliamo tutti rinnovare
Io avevo già dato verbalmente disponibilità ad Antonio di curare spazi-rubrica riguardo al mondo giovanile (è stato il mio lavoro fino a pochi mesi fa) e sulla politica intesa come confronto e approfondimento plurale riguardo ai temi che l'attraversano (democrazia, cittadinanza, partecipazione, istituzioni etc.).
Mi rimetto a voi sulle proposte e sulle decisioni, una cosa deve essere chiara (per come io son fatto), se dovessi partecipare a quest'avventura lo vorrei fare con pari dignità e non come "ospite" tollerato.
Con franchezza e amicizia, buon lavoro per martedi'!
sergio civati
Pubblicato da larivistachevorrei alle 12:00 4 commenti
domenica 10 febbraio 2008
Nuovo incontro: martedì 19 febbraio. Il via definitivo?
Per il secondo incontro "offline" ci vediamo martedì 19 alle 21. Saremo ospiti de "Il Fannullone" in via Borgazzi 105 (qui la mappa). Molta carne al fuoco: la formazione dell'associazione culturale, i gruppi di lavoro, lo statuto... Come sempre porte aperte a tutti... rompiscatole e menagramo esclusi
Pubblicato da larivistachevorrei alle 10:44 3 commenti
È la stampa, bellezza
Fra informazione fastfood e ufficistampa travestiti da redazioni, l'attendibilità e la qualità dell'informazione si rivela per quello che è in una ricerca sui tanto osannati quotidiani inglesi "di qualità". Figuriamoci cosa verrebbe fuori facendo una indagine sui giornali nostrani. Da lsdi.it Quasi l’ 80% degli articoli pubblicati sui giornali nazionali di qualità del Regno Unito sono in buona parte fatti riciclando notizie di agenzia o comunicati stampa. E’ uno dei risultati di una recente ricerca realizzata dal Dipartimento di giornalismo dell’ Università di Cardiff, secondo cui – tra l’ altro – alcuni giornalisti di Fleet Street producono attualmente almeno tre volte in più di quanto facessero 20 anni fa. La ricerca – spiega un articolo su Press.gazette.com – ha rilevato che la maggioranza dei servizi contenuti nei giornali nazionali britannici sono realizzati in gran parte con materiali forniti da Uffici stampa o agenzie. In particolare sarebbero queste le proporzioni: The Times, 69 per cento; The Daily Telegraph, 68 per cento; Daily Mail, 66 ; The Independent, 65, e The Guardian, 52 per cento. Criticando aspramente quello che definisce “churnalism”*, Nik Davies, un esperto di media del Guardian, dice: “Ora più che in passato, siamo coinvolti in una produzione di massa di ignoranza perché le corporation e gli amministratori hanno tagliato gli organici, aumentato I nostri ritmi di lavoro e ci hanno definitivamente incatenato ai nostri desk”. Il “poco di giornalismo che produce la stampa”, commenta ancora Kaiser-Bril, “deriva dunque dal forte aumento del numero di articoli che il giornalista deve produrre. Risultato: del personale qualificato viene pagato per fare del copia-e-incolla e produrre articoli mediocri. Così Ci perdono tutti: i giornalisti, che non hanno più il tempo di fare il loro vero lavoro e agli editori che si ritrovano con tonnellate di invenduto”. Una volta di più questo esempio mostra che il problema della stampa non si limita a internet. Il web ha semplicemente messo fine all’ oligopolio che gli assicurava dei margini di profitto indebiti. L’ arrivo della concorrenza online mette i media tradizionali di fronte alle loro contraddizioni. Il contenuto che essi producono è semplicemente non competitivo. Unico problema: per cambiare modello e mentalità (cosa per cui sembra ci voglia molto tempo, stando a questa testimonianza di Howard Owens) ci vogliono soldi. Molti soldi. I giornali britannici ne ancora ancora un po’, visto che i tassi di profitto sono ancora vicini al 10%. In Francia – conclude Kaiser-Bril – il compito si annuncia più arduo. E da noi in Italia? —– * Da “churn out”, “produrre in grande quantità”. Vedi anche “Churnalism”, in Freemania, e “The difference between journalism and churnalism” (Guardian).
Una ricerca dell’ Università di Cardiff ha accertato che l’ 80% degli articoli dei giornali di qualità del Regno Unito sono prevalentemente fatti riciclando notizie di agenzia o comunicati stampa - E che alcuni giornalisti ora producono materialmente almeno tre volte in più di quanto facessero 20 anni faDal giornalismo al “churnalism”, produzione di massa di ignoranza
The Telegraph, Guardian e Times non hanno voluto commentare la ricerca, mentre PressGazette ha raccolto le reazioni nelle redazioni del Daily Mail e dell’ Independent che comunque, riporta Nicolas Kayser-Bril sull’ Observatoir des médias sono state del tipo: « Ah, ma noi no, noi non siamo così, forse gli altri».
Pubblicato da larivistachevorrei alle 10:20 0 commenti
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lunedì 4 febbraio 2008
Ivan il possibile.
L'intervento di Ivan Commisso è dedicato a coloro che hanno dubbi sulla possibilità di vita di una rivista di "questo" tipo. A Carta libera avevo già accennato qualche settimana fa come ad un esempio concreto (per 5 anni e più di 100 numeri) a cui io stesso ho potuto partecipare.
Sto seguendo da qualche tempo le vostre “evoluzioni”. È stato Antonio, mesi fa, a segnalarmi questa piacevole discussione online. Vedo che siete arrivati al momento di definire cosa volete fare e come, partendo da un perché. Boh, non sono mai stato una mente. Mai avute capacità intellettuali per disegnare grandi cose. Vi racconto la mia, è più semplice. Quattordici anni fa, un gruppo di ragazzi più grandi di me mi invita a una serata in cui si sarebbe discusso di un progetto editoriale: un giornale cittadino fuori dagli schemi da far nascere. Non mi conoscevano se non per interposta persona, gli era bastato il mio generico interesse per l’idea. Ci ritroviamo in una ventina. C’erano gli entusiasti, i grintosi, i timidi, i silenziosi, gli scettici e gli scettici a prescindere. Storie diversissime ma un comune sentire: il provare a raccontare quel che accadeva in città (ossia raccontare la propria vita) da una prospettiva diversa, stimolante, divertente. Un po’ quello che mi pare stiate tentando di fare voi.
Mettemmo su un giornale da zero: grafica, articoli, revisione bozze, raccolta pubblicitaria, corse in tipografia. Ognuno scriveva di quel che sapeva o di cui era interessato e, nonostante ciò, non siamo mai stati cacofonici. Bastava ritrovarci ogni settimana per la riunione di redazione e drizzare le antenne di quel nostro comune sentire che ci legava per trovare automaticamente la sintonia (e mi pare che pure voi di sintonia ne abbiate non poca). Quello stimolo (o bisogno?) che ci univa si tradusse in un linguaggio tutto nostro, un approccio riconosciuto, una forte identità che durò più di cento numeri e dura tuttora in altre forme. E non era poi nemmeno così faticoso portare avanti il progetto, perché quel che facevamo ci piaceva, piaceva (e doveva piacere) per primi a noi, non avendo alcuna velleità messianica o catartica. Il bello era che più i numeri del giornale piacevano a noi, più piacevano ai lettori. Questo racconto per dirvi che non so quale forma espressiva sia più consona per quello che provate e vi lega, ma vi consiglierei di non volare bassi, di non essere timorosi. Io, al posto vostro, un bel pensiero a una curata rivista su carta lo farei. Non si tratta di fisica nucleare, né di produrre chissà quali immani sforzi. Ma vuoi mettere il gusto di avere tra le mani un oggetto in tre dimensioni, frutto della vostra testa e dei vostri sforzi, che vi piace? È, nemmeno troppo paradossalmente, più facile a farsi che a dirsi.
Buon lavoro Ivan Commisso
Pubblicato da larivistachevorrei alle 09:42 0 commenti
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sabato 2 febbraio 2008
Pippo, Savićević e Muñoz
Caro Antonio,
[...] Rimango dubbioso sulla possibilità però di aprire una rivista così come tu la concepisci. A me piacerebbe tanto che si facesse un aggregatore di contenuti, per incominciare, proprio come fanno i blogger più bravi di me, o come fa BlogBabel di mestiere. Così vediamo quanta carne c'è sul fuoco, chi potrebbero essere gli interpreti della nuova iniziativa editoriale, chi scrive di Brianza e soprattutto perché lo fa. Potrebbe essere un buon inizio e una bella sassata nello stagno, nella terra da sempre individualista e diffidente dell'altrui attività (che sia imprenditoriale o letteraria, cambia poco...). Aggregaci, caro Antonio. E una mano te la darò volentieri. pippo
Come direbbe Nicola Frangione, la sollecitazione di Pippo Civati è acuta. Certo terrorizza quell'aggregaci, in tempi in cui le aggregazioni si sgretolano come merda al sole, seccando.
È stato Gimmi Perego, a dicembre, il primo a parlare di network «Mi viene spontaneo, allora, pensare più che ad un giornale centralizzato, ad una federazione, ad una rete. Di Blog, di siti di associazioni, di spazi per chi un sito non ce l'ha... Che una volta individuata una carta d'intenti comune lavorino in modo sinergico». Anche Primo Casalini più volte ha parlato di multiblog. Dico la mia, una ipotesi di questo tipo non mi fa sangue. Vuoi mettere l'adrenalina di decidere in cinque, in dieci, in quindici il timone del prossimo numero, scambiarsi le informazioni per azzannare al meglio gli argomenti, dividersi i compiti, ghignare dell'effetto che farà quel titolo o quella foto, l'ansia di chiudere in tempo...
Non ci posso far nulla, l'elaborazione collettiva mi pare ancora una sfida che vale la pena di affrontare. Rispetto assoluto delle singole personalità, ma le formiche il lavoro grosso lo fanno faticando tutte insieme. È per questo che da vent'anni mi chiamano Ant. Il network dei blog, il loro raccordo, l'elaborazione degli strumenti che li possano "aggregare" al meglio è, lo ammetto, una parte del progetto che ho in mente. Una parte importante perchè potrebbe attingere a realtà interessanti e vivaci. Ma dovrebbe restare una parte, il cuore (!) e la testa della rivista dovrebbe stare nella redazione.
Insomma sì, se non viene fuori niente di meglio si fa. Va bene anche vincere ai rigori. Ma se segna Savićević con il pallonetto da fuori area, allora è festa.
Non so se l'idea della rivista è velleitaria, utopica. Ma che "La politica è l'arte del possibile" ce lo ricordano da mane a sera pure i baci perugina ormai. A me il sorriso lo mette il poster di Josè Muñoz: "L'utopia è possibile perchè è l'arte della necessità".
Pubblicato da larivistachevorrei alle 22:42 11 commenti
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venerdì 1 febbraio 2008
Bentornato
Più che vintage è proprio antico. Il nuovo/vecchio Diario è bellissimo, ridisegnato, sobrio, denso, un po' New Yorker un po' libro. Da oggi in edicola come quindicinale, così ci sarà finalmente tutto il tempo di leggere le sue 100 pagine (senza pubblicità). Costa 7 euro, ma la qualità non è un lusso. Se la rivista che vorremmo gli somigliasse, a me farebbe piacere.
Pubblicato da larivistachevorrei alle 11:47 1 commenti
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giovedì 31 gennaio 2008
Primi passi
Dalla chiacchierata dell'altra sera, lunga e appassionata, è venuto fuori che la voglia di dare corpo al progetto è concreta. Ho tentato di sintetizzare le opinioni, i suggerimenti, le precauzioni, i dubbi nel testo che segue. Potrebbe diventare il primo passo, oppure no. Aggiungi le tue osservazioni e il tuo commento per modificarlo e per appropriartene. Abbiamo deciso di continuare il confronto qui, alla luce del sole, continuando a condividere apertamente le idee. Già questo a me pare sia un atteggiamento inedito da queste parti. Un ottimo primo passo.
Per comodità e brevità riprenderò la formula delle "5 W" per ripercorrere le questioni da affrontare. Per ogni W riporto gli aspetti emersi ieri sera e la mia personale proposta/sintesi.
What / Cosa
Una rivista di approfondimento e analisi che, citando la pubblicità di Diario, "Non insegue l'attualità, vorrebbe precederla. Altrimenti la commenta".
Che abbia la capacità di essere qualitativamente molto curata (nella scrittura o in qualsiasi altra forma di comunicazione sarà opportuno utilizzare, video, fotografia, satira...).
Che sappia raccontare con attenzione quel che accade nel nostro territorio, senza costringerci in confini che esistono solo sulle cartine (quindi Vimercate come Casatenovo come Sesto...).
Che sappia essere interessante, in grado di coniugare il piacere personale di chi la produce con l'attenzione del lettore.
Non una merce da vendere ma uno strumento. Il fine non è fare la rivista solo per il piacere di farla, ma usare la rivista per analizzare quanto accade (e non accade) in questo territorio. Non fermarsi alla cronaca (cosa accade) ma provare a capire perchè accade, facendo indagine e riflessione. Raggiungendo un numero di lettori adeguato all'impegno e non solo la ristretta e angusta cerchia di amici e parenti.
Non aver paura di dire la propria, ai lettori viene data la libertà di leggere, pensare, rispondere.
Gli argomenti?
Il territorio, urbano ed extraurbano; le sue trasformazioni, la sua difesa, la sua valorizzazione.
Le culture, ovvero la capacità di capire il perchè di quanto accade e la ricerca di percorsi meno battutti.
La cittadinanza, ovvero i rapporti fra le persone e quanto gli vive intorno: le altre persone, le relazioni e gli istituti che le regolano (Affetti, Lavoro, Rappresentanza, Delega, Comune, Stato, Unione Europea...).
Con molta attenzione a quanto comunemente non riesce ad avere visibilità e attenzione in una città e in un territorio che è profondamente cambiato sociologicamente.
A questo i collaboratori sono invitati a partecipare secondo le proprie competenze personali e la redazione ad elaborare, collettivamente, il confronto. Non solo un magazine di personalità separate ma anche un "insieme" capace di rapportarsi, rispettando l'indipendenza, all'interno e all'esterno.
Why / Perchè
Perchè siamo sazi e disperati, sazi di informazioni e disperati di senso, sappiamo tutto quel che accade (o che conviene far sapere) e non sappiamo perchè accade.
Perchè occorre capire oltre che sapere, altrimenti non si decide e non si incide la realtà. Una rivista aggressiva, capace anche di "smuovere", stuzzicare e stimolare. Viva e pulsante. Militante senza militare in nessun partito o schieramento. Come dice Saviano citando Celine, non ci interessa produrre "spilli per inculare le mosche". Capace di intercettare i fermenti ambientalisti, umani e culturali, farsene interprete, incubatore e stimolo.
Per arrivare a questo è necessario stabilire un ambito, un metodo e un fine entro cui il lavoro collettivo si riconosce e che determina anche, quando necessario, la cassazione di contributi non adeguati. Una "carta dei valori" a cui tutti siamo chiamati a dare corpo per poterci riconoscere e vedere ripagato il nostro lavoro.
Io propongo i miei "principi": laicità (religiosa e partitica), ironia (i media brianzoli sono tristi e noiosi), difesa delle risorse a rischio (diritti delle persone, ambiente)...
Who / Chi
Chi scrive (o riprende, fotografa, disegna...) è anche proprietario del giornale. Attraverso una forma aggregativa (dalla semplice e snella Associazione culturale alla più impegnativa Cooperativa) chi scrive sul giornale partecipa in prima persona alla gestione delle sue sorti, della sua identità e della sua linea editoriale. L'indipendenza da editori (imprenditoriali o politici) comporta l'investimento personale di impegno, lavoro e risorse. Sia l'Associazione che la Cooperativa comportano l'apporto di una quota associativa che può essere stabilita di natura diversa per i soci "INPS" e per i soci "ggiovani", una somma di denaro e il lavoro per i primi e il solo contributo di lavoro (più una cifra puramente simbolica) per i secondi.
La struttura deve prevedere le comuni forme di organizzazione elettiva: comitato direttivo e presidenza, criteri di accettazione delle iscrizioni eccetera. In questo modo si assicurano democrazia e responsabilità riconosciute. Il presidente dell'associazione può coincidere con il direttore poichè l'editore coincide con la redazione.
Where / Dove
Una rivista non è ne' la carta ne' le schermate, sono i contenuti che riesce a produrre ed elaborare. Individuare gli strumenti più efficaci per farlo arrivare ai lettori è compito che non può prescindere da alcuni aspetti:
- Cadenza. Essendo una operazione di spirito "no-profit" e volontaristico non può diventare troppo pesante produrla e deve permettere di essere creata nei "ritagli di tempo".
- Costi. Senza escludere a priori lo strumento cartaceo, è evidente che l'utilizzo di internet abbassa notevolmente la soglia di accesso e di visibilità, si va da zero centesimi utilizzando servizi gratuiti e si cresce proporzionalmente in base alle risorse (e al successo) che il giornale raggiunge. La mia idea è di partire su una piattaforma "proprietaria" che ci permetta di essere indipendenti da network, provider e di poter gestire in totale autonomia database e strumenti vari. Un impiego minimo (ma adeguato ad una soglia di partenza di 800 lettori al giorno) significa prevedere una spesa di qualche centinaio di euro, diciamo 1000-1500, per un servizio hosting di qualità. La stampa di un numero minimo di copie cartacee comporta un costo pari, ma per un singolo numero e con poche pagine. Pensare alla stampa significa quindi prima di tutto pensare a trovare risorse che non possono certo essere coperte dalle quote associative.
Per questi motivi la forma rivista e la cadenza mensile sembrano quelle più adeguate. Lo strumento digitale più abbordabile di quello stampato.
When / Quando
Una volta raccolte le dichiarazioni di disponibilità di ciascuno (di tempo, di soldi, di idee) si può passare a imbastire il vestito più adeguato. Vi invito a esprimervi tutti sulla disponibilità personale: tempo, impegno, denaro, competenze-interessi. Se abbiamo 10 persone e 2000 euro si fa un cappotto, se abbiamo 20 persone e 5000 euro si fa un guardaroba, se abbiamo 4 persone e 150 euro si fa una pizza e amici come prima. La prospettiva deve essere basata su un arco di tempo di almeno due anni e con un fondo minimo di 6.000 euro (così da permetterci di pagare eventualmente chi ci ospita nelle riunioni).
Mi lancio in una ipotesi di crono-programma.
Nelle prossime due-tre settimane si raccolgono le osservazioni, le aggiunte e le sottrazioni a questa bozza di sintesi (e vi chiedo subito scusa per tutto quello che ho dimenticato di riportare) e si elabora insieme lo "statuto" che determinerà anche la linea editoriale del giornale. Io, sulla base di altre esperienze simili, presenterò un quadro di insieme per quel che riguarda la costituzione di una associazione culturale che diventi la personalità "giuridica" titolare del progetto, proprietaria della testata e che determini i processi decisionali interni.
Dopo le due-tre settimane ci incontriamo nuovamente (di martedì, ospiti di Stefano presso Il Fannullone con spaghetto annesso) per dare corpo attraverso una o più bozze definitive di "statuto" all'identità dell'associazione/giornale.
Entro un mese si dà corpo alla personalità "giuridica", alle "cariche" ai ruoli, compiti e responsabilità. La forma Associazione culturale è molto semplice e leggera, non c'è neppure l'obbligo di andare da un notaio.
Successivamente (fra 40 giorni?) si individua una scaletta di temi specifici da affrontare, la struttura del giornale (quantità di contenuti, sezioni, strumenti di interazione...) e si disegna una bozza di primo numero zero che permetta di testare la macchina organizzativa (capire chi può fare da riferimento, le comunicazioni interne, le revisioni...).
Contemporaneamente si elaborano dei piani di promozione e di raccolta fondi (contributi dei lettori, raccolta pubblicitaria...).
A tal proposito penso sia importante considerare la possibilità che a titolo di associato "INPS", ovvero con quota in denaro, possano entrare in gioco anche altre associazioni culturali o ambientaliste sulla scorta di importanti esempi nazionali: nel comitato editoriale di "Vita" - il settimanale del no-profit - entrano a far parte anche tutti quegli enti che versano una quota (in quel caso 7500 euro) e sottoscrivono un protocollo di intesa che assicura loro visibilità, sconti sulla pubblicità e partecipazione nella gestione (in ragione ovviamente di una quota singola, come un qualsiasi altro associato "INPS" o "ggiovane" che sia). Questo può significare una proficua collaborazione con quelle realtà del territorio cui molti di noi già appartengono e che probabilmente hanno bisogno di un punto di riferimento per la loro comunicazione.
Pubblicato da larivistachevorrei alle 09:55 6 commenti
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mercoledì 30 gennaio 2008
Ci siamo
Ieri sera primo incontro "offline". Tre ore fitte di pareri, domande, proposte, dubbi, provocazioni. Molto interessanti e promettenti. Presto cercherò di fare il punto e preparare un tracciato per le prossime tappe. Si è deciso di continuare alla luce del sole la discussione, se qualcuno che non ha potuto partecipare vuol contribuire, le porte restano aperte.
Pubblicato da larivistachevorrei alle 09:26 2 commenti
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lunedì 21 gennaio 2008
Incontriamoci martedì 29 gennaio
Visto che me lo avete chiesto, incontriamoci. Martedì 29 gennaio alle 21 approfittiamo dell'ospitalità del CCR di Monza in via Ambrogiolo 6 (una stretta stradina su via Italia). Mi farebbe piacere vedere anche te, sia che tu voglia partecipare direttamente o che tu voglia semplicemente essere un collaboratore "esterno" o - ancora - un probabile lettore. La rivista è e resta per ora solo un'idea, un'ipotesi tutta da definire. Puoi partecipare anche tu alla sua definizione. Consideriamola una chiacchierata per capire quanto è possibile passare alla fase successiva. Tutti benvenuti, rompiscatole e menagramo esclusi.
Pubblicato da larivistachevorrei alle 10:32 0 commenti
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martedì 15 gennaio 2008
Una rivista è (anche) i suoi lettori
Molti di voi pensano che si possa fare un giornale anche esclusivamente online. Io ho ancora perplessità ma non è questo il punto. Una questione fondamentale è il ruolo che i lettori dovrebbero avere. Online è "naturale" prevedere la loro partecipazione: commenti, lettere, forum eccetera. Ma dove sta il confine fra i contenuti della redazione e quelli dei lettori?
Alcune settimane fa, un certo scalpore ha suscitato nella microsfera online monzese la decisione del direttore di Monza la città di pubblicare solo i commenti firmati. In realtà è una decisione assolutamente "normale" poichè tutte le testate (da Repubblica al Corriere) prevedono - prima di inserire commenti e interventi sulle loro pagine - addirittura una registrazione, con tanto di accettazione di termini di utilizzo. Eppure è un dato di fatto che i commenti su quel giornale (che è mio cliente, per chi non lo sapesse) sono notevolmente diminuiti.
Ecco, credo che ci sia un po' di confusione. Innanzitutto fra la natura delle diverse pagine online: un giornale non è un forum, un articolo non è un post di un blog. Questa la sostanza. Ma la percezione comune è un'altra, si tende a credere che su internet ognuno può scrivere quel che vuole, dove vuole e come vuole, senza firmarsi, senza - in qualche modo - assumersene la responsabilità. Pur non avendo condiviso la decisione del direttore, io proprio non credo che le cose stiano così. Credo che sia giusto dare spazio, il più possibile, ai lettori ma che vada segnato un confine netto e distinguibile. Per un motivo principalmente: quello che viene scritto nella rivista che vorrei dovrebbe essere frutto di una riflessione collettiva e condivisa, il parere, il commento di un lettore no, non per forza. E perchè mai chi in quella rivista infonde impegno e fatica dovrebbe "ingioiare il rospo" sputato dal primo che arriva?
Non mi piace chi confonde il rispetto per le idee altrui (magari diverse, finanche opposte) con il "dovere" di pubblicarle. Se abbiamo un vicino ubriacone e molesto, davvero dovremmo aprirgli la porta e farlo sedere sul nostro divano, altrimenti non siamo democratici?
Pubblicato da larivistachevorrei alle 11:02 0 commenti
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Non c'è niente da capire
Per capire meglio la differenza fra semplice informazione (notizie, cronaca, uffici stampa travestiti da giornali...) e approfondimento, guarda l'immagine qui a lato (se ci clicchi sopra si allarga). È la schermata di un aggregatore di feed, in pratica chiunque può raggruppare in una sola pagina le più recenti notizie dei siti che frequenta abitualmente. In questo modo non ha bisogno di saltare da un sito all'altro, il risparmio di tempo è enorme. Se un titolo interessa basta passarci su il mouse per leggere l'introduzione, se davvero interessa, si clicca e si va a leggere tutto. Io credo che qui a Monza ci siano tanti aggregatori (più o meno riusciti, più o meno efficaci), quel che manca è la pagina su cui andare a finire una volta cliccato.
Pubblicato da larivistachevorrei alle 10:59 0 commenti
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lunedì 14 gennaio 2008
Prima dell'alba, schiariamoci la voce
Da più parti mi sollecitate per fissare un incontro, per vederci, incontrarci per parlare a 4, 8, 16, 32... occhi di cosa e come fare. Aspetterei ancora un po'. Ci sono già un buon numero di "adesioni" e questo è molto incoraggiante, ma prima vorrei raccogliere ancora opinioni e proposte, qui. Sulle mie "5 W" e sull'ipotesi di una impostazione (stavolta non solo di finanziamento) simile a quella de lavoce.info.
Loro si occupano di economia e politica economica, noi potremmo occuparci anche di molto altro: «[...] cerchiamo di informare e di offrire uno strumento di approfondimento per chi non si accontenta del giudizio sommario e delle parole d'ordine. Una voce libera e indipendente. Informiamo e, soprattutto, proponiamo analisi indipendenti di fatti e notizie, con lo scopo di offrire un servizio utile a tutti coloro che accettano di misurarsi, senza pregiudizi, su questioni complesse. La nostra ambizione? Essere competenti nella critica, provocatori nei contenuti ed equilibrati nelle proposte. Vogliamo essere qualcosa che in Italia manca: una testata, che svolga la funzione di "watchdog", di cane da guardia, che valuti criticamente la politica economica, disinteressandosi dell'uso politico che può essere fatto di ciò che scrive. È un ruolo ambizioso ma non presuntuoso e, crediamo, importante. Soprattutto in un momento in cui ogni errore tecnico, ogni difetto di progettazione o ritardo ha costi molto elevati per il nostro paese.
Pubblicato da larivistachevorrei alle 12:29 0 commenti
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sabato 12 gennaio 2008
La Voce del padrone
Come si pagano le spese di un giornale? Esempi vicini e lontani ce ne sono tanti, dai "fantasmi" finanziati dallo Stato fino ai fogli elettorali, dai sandwich pubblicitari alle eccezioni come LaVoce.info
Esemplare anche per tanti altri aspetti, basta guardare la sezione "Cosa vogliamo" per diventarne ammiratori.
Mettiamo il naso nelle loro tasche.
Lavoce.info è online dal 2002 e scoprire come vive è molto semplice, basta leggere un articolo del luglio 2007 in cui si parla del rapporto con la carta stampata, degli obiettivi e delle fonti di finanziamento. È molto interessante, qui di seguito ampi stralci. I grassetti sono miei e chi sta seguendo questo blog ritroverà molti concetti già venuti a galla fra queste righe
Internet, la carta stampata e i nostri 5 anni 03.07.2007
[...] In effetti i giornali registrano ovunque, tranne in India e in Cina un calo di lettori, mentre la crescita di internet sembra inarrestabile. Ma è davvero colpa di Internet se i giornali perdono lettori? E può davvero il web sostituire la carta stampata?
Due mezzi complementari
La nostra esperienza suggerisce che Internet è molto più complementare alla carta stampata di quanto possa apparire a prima vista. Non serve solo ad offrire informazioni aggiornate in tempo reale. Serve anche ad offrire analisi e commenti supportati da collegamenti ai documenti originali. [...] Sempre che il giornale non rinunci mai alla sua funzione primaria di informare. C’è una deriva pericolosa al giornale tutto commento-poca notizia, per differenziarsi sia da Internet che dalla free press. [...] un sito open source, come il nostro, trova nella carta stampata, nelle radio e nelle televisioni che riprendono i testi apparsi sul sito un ulteriore moltiplicatore che gli permette di raggiungere anche lettori che non fanno regolarmente uso di Internet.
Insomma essere complementari a tutto beneficio dei lettori, ma questa complementarietà deve essere ricercata attivamente.
E’ più democratico Internet?
C’è un vantaggio di Internet rispetto alla carta stampata: quello di avere costi di gestione molto contenuti e di poter raggiungere una platea vastissima a costo zero. Il bilancio di un sito è generalmente molto più basso di quello di un giornale. [...] Ci può essere più democrazia su Internet. E più libertà di informazione.
Abbiamo in questi cinque anni cercato di beneficiare di questi vantaggi. Costruendo un sito diverso dai molti esistenti perché di commento e approfondimento, più che di aggiornamento sull’attualità on line. Crediamo infatti che il futuro su Internet sia un futuro in cui ci sarà più bisogno di selezionare le tante, forse troppe per certi aspetti, informazioni disponibili fra i milioni di siti accessibili
La nostra mission non è cambiata: vogliamo contribuire a migliorare la qualità dell’informazione economica, sfruttando le nostre competenze e la nostra indipendenza. Ci accorgiamo spesso di come vincolati siano altri mezzi di comunicazione nei loro giudizi e prese di posizione, per calcolo politico o interesse economico. E di come si possa comunque avere sempre il sospetto che la proprietà dei giornali incida sul commento. Il vantaggio di un sito operato gratuitamente da docenti universitari è nella sua indipendenza dai condizionamenti della proprietà. Il capitale di rischio de lavoce.info siamo noi stessi.
[...]
Nuovi obiettivi
In cinque anni siamo cresciuti: da poche migliaia di iscritti alla nostra newsletter a oltre 50mila [...]
Si tratta di numeri rilevanti per un’offerta editoriale come questa, anche rispetto a siti in lingua inglese che hanno potenzialmente un pubblico molto più vasto. Sono numeri raggiunti senza alcuna campagna pubblicitaria (non ne abbiamo i mezzi economici), ma grazie al passaparola di chi ci apprezza e alle citazioni che si fanno sempre più numerose sui giornali, in televisione e su altri siti internet. [...]
Chi ci finanzia?
Sin qui lavoce.info si è retta solo sul contributo dei lettori (che ci hanno dato più di 116.000 euro) e dei redattori che si sono autotassati e hanno destinato al sito i proventi di partecipazione a trasmissioni radiotelevisive ed eventi di vario genere.
Circa due terzi delle nostre uscite è destinato agli stipendi dei nostri poliedrici collaboratori di redazione che coordinano il lavoro tenendo i rapporti con redattori e collaboratori, con i media e con i lettori. [...] Per i nostri nuovi obiettivi, abbiamo bisogno di un budget di circa 100.000 euro, più di quanto possiamo realisticamente chiedere ogni anno ai nostri lettori. Per questo motivo [...] anche raggiunto accordi per remunerare interventi degli economisti de lavoce.info che loro stessi devolvono automaticamente al sito. Di tutte queste entrate daremo conto, come sempre.
Avremo comunque bisogno - come e più che in passato - dei contributi di voi lettori.
Il 4 luglio 2002 scrivevamo "Vogliamo essere competenti nella critica, provocatori nei contenuti ed equilibrati nelle proposte". La nostra credibilità è la nostra ragione d’essere. [...]
Pubblicato da larivistachevorrei alle 19:35 0 commenti
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giovedì 10 gennaio 2008
Le cinque W della rivista che vorrei
What / Cosa
Non una merce da vendere ma uno strumento. Il fine non è fare la rivista ma usare la rivista per analizzare quanto accade (e non accade) in questo territorio. Non fermarsi alla cronaca (cosa accade) ma provare a capire perchè accade, facendo indagine (che non significa intervistare tre quattro persone a caso per strada) e riflessione. Non aver paura di dire la propria, ai lettori viene data la libertà di leggere, pensare, rispondere.
Gli argomenti?
Il territorio, urbano ed extraurbano;
le culture, ovvero la capacità di capire il perchè di quanto accade;
la cittadinanza, ovvero i rapporti fra le persone e quanto gli vive intorno: le altre persone, le relazioni e gli istituti che le regolano (Affetti, Lavoro, Rappresentanza, Delega, Comune, Stato, Unione Europea...).
Why / Perchè
Perchè siamo sazi e disperati, sazi di informazioni e disperati di senso, sappiamo tutto quel che accade (o che conviene far sapere) e non sappiamo perchè accade. Inghiottiamo parole, immagini, suoni in quantità industriali e le digeriamo per far spazio alle altre immediatamente.
Perchè occorre capire oltre che sapere, altrimenti non si decide e non si incide la realtà. Cultura, non nozionismo.
Who / Chi
Chi ha voglia, forza, capacità di investire parte del proprio tempo e delle proprie energie. Scrivendo, fotografando, disegnando, filmando, raccontando. Lavorando in gruppo, partecipando alla gestione in prima persona. Condividendo la propria esperienza senza imporre o subire.
Per chi? per chi non si accontenta della superficie più o meno luccicante dell'informazione, per chi non si accontenta dell'involucro della realtà. Non per una scadenza elettorale ma per una visione civile, attenta alla qualità della vita e dell'ambiente e non solo alle finanze o al potere. Gli strumenti devono restare strumenti, il senso torni ad essere il fine.
Where / Dove
Una rivista non è ne' la carta ne' le schermate, sono i contenuti che riesce a produrre ed elaborare. Li puoi pubblicare dove vuoi e come puoi, ma prima la sostanza, poi la forma, di conseguenza. Un mensile e un indirizzo web, che sappiano essere curati, interessanti ma non noiosi, divertenti ma non stupidi. Si può fare, si può provare.
When / Quando
Dopo aver formato un gruppo di persone che si stimano e rispettano, che si riconoscono e che non si impongono a discapito del senso della rivista. L'esperienza dimostra che c'è chi è più portato a dividere che a unire, chi impone invece che condividere. Costoro vanno lasciati a sé perchè dimostrano di non andare da nessuna parte.
Individuare delle regole chiare e condivise, i momenti, i compiti e passare poi all'esecuzione, cercando i fondi e fissando gli obiettivi.
Alcune ipotesi di finanziamento ci sono, li state proponendo, ma questo viene dopo. Prima i contenuti e le persone con il desiderio. Adesso dimmi che ne pensi, cosa toglieresti? cosa aggiungeresti?
Pubblicato da larivistachevorrei alle 11:15 0 commenti
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Primo: empatia e rete
Anche Primo Casalini, il curatore di "Farfalle nella rete" e di "Abbracci e pop corn" dice la sua puntando forte sulla rete e su un gruppo affiatato che sappia anche escludere «perché la gioia massima di alcuni è vedere fallire il dirimpettaio, ma è inutile muoversi se non si fa così, il che vuol dire che sono necessarie le esclusioni e le inclusioni».
Nb I grassetti sono miei.
Caro Antonio,
ho letto con interesse alcuni interventi, in genere condivisibili, riguardo "Il giornale che vorrei" e per due motivi mi è venuta voglia di dire la mia.
Il primo motivo è che sono talmente impegnato in rete che non avrei tempo di partecipare ad altre iniziative oltre a quelle che svolgo, per ciò stesso posso scrivere con schiettezza quello che penso, senza nessun riposto pensiero, e di per sé è una soddisfazione.
Il secondo motivo è che l'esperienza di questo ultimo anno mi ha chiarito nei fatti molte cose che non sapevo e che forse non sono conosciute, credo quindi che dicendole potrei essere di qualche utilità.
1. Il teorema è la rete, la stampa è un corollario, non viceversa. Sempre più sarà così, anche se molti non se ne sono ancora accorti. Quindi, se rivista ha da essere, prima sia rivista in rete, poi su stampa, fra l'altro costa anche molto meno, ma questo non è comunque il motivo prevalente.
2. E' preferibile che ci sia un contatore Shinystat (meglio PRO che FREE) visitabile da chi viene nel sito o blog. Sembra un dettaglio ma non lo è: parlare di Visite e di Pagine Viste senza contatore aperto non va bene, toglie credibilità. Se gioco competitivo ha da essere (che è una bella cosa) si giochi con regole chiare: Visite, Pagine Viste e a che post sono andate le Visite. Chi viene nel blog deve essere messo in grado di verificare come stanno andando le cose. E' una scelta che paga, anche se si fatica a farla, ma non facendola si inquina tutto il resto. Il gioco è competitivo perché è come le medicine nella testa dei medici, che ce ne sono al massimo ottanta: una medicina che entra allontana una che esce, se un sito o blog viene visitato significa che un altro non lo è più (a parte la crescita della torta che aiuta, ma per la persona singola è così). So che questo ragionamento della competitività ripugna a molti, ma bisogna pur darlo, un motivo perché vadano a leggere la rivista in rete, e l'unico motivo che vedo è che il visitatore ne tragga valore aggiunto: le visite non arrivano da sole, vanno conquistate. Non è una banalità, perché spesso si presume che per il solo motivo che hai scritto qualcuno ti legga. Ciò significa qualità: c'è chi riesce a darla chi no, chi si pone continuamente il problema, chi lo ignora, forse perché gli conviene ignorarlo. E' meglio non fare finta che questi problemi non ci siano.
3. Ho letto che dovrebbe essere una rivista on line che riguardi Monza e non la Brianza. Questo mi ha fatto venire in mente l'antico Dazio. In rete, per fortuna, palizzate non ci sono, il che non vuol certo dire che non bisogna essere specifici e concreti, ma se si scrive qualcosa sugli affreschi degli Zavattari, sull'Autodromo, sulla Villa Reale, va scritto come se lo leggesse uno statunitense o uno spagnolo, altro che Brianza! Difatti arrivano, e con richieste mirate. Va evitato un cosmopolitismo generico e senza radici, ma soprattutto vanno evitate le batracomiomachie localistiche di basso conio che ogni tanto succedono. Lo sappiamo tutti che ci sono e quelle sotterranee sono le peggiori.
4. In Brianza esistono almeno dieci validi blog con buone visite. E' meglio sentire la loro opinione e conoscere l'ottimo lavoro che stanno facendo. Il loro parere può esservi utile perché intessuto di esperienza misurata sul campo.
5. La discussione fittizia è: sito o blog? Sono solo due modalità di software diverse (software realizzato ad hoc o software predisposto), quello che conta è ciò che si vuol fare ed un blog di oggi (Blogger o Splinder, ad esempio) basta ed avanza alle vostre esigenze e sempre di più sarà in futuro: costa molto meno, è più facilmente agibile, pure più friendly, che è importante.
6. Basterebbe che un piccolo gruppo (cinque/dieci persone, non di più) di gente a livello partisse con un progetto condiviso e con una situazione di stima e di empatia fra le persone, ognuna delle quali si deve attenere al filo rosso delle cose che sa, ma è qui che nasce il problema, perché a forza di discutere si finisce col dentro tutti, todos caballeros. Mentre sono essenziali il rispetto di una soglia di qualità nella scrittura, una dialettica però di tipo empatico, e soprattutto il senso di un progetto comune. Altrimenti, come dice un mio amico, in pochi mesi finisce a pietrate. Questo è il punto più difficile, perché la gioia massima di alcuni è vedere fallire il dirimpettaio, ma è inutile muoversi se non si fa così, il che vuol dire che sono necessarie le esclusioni e le inclusioni: sorgono due, tre, quattro riviste in rete? Nessun problema, chi ha più filo tesserà la tela, gli altri smetteranno. Il Festivaletteratura di Mantova è nato da qualche chiacchierata serotina di nove amici, ed adesso arrivano da tutto il mondo, proprio perché c'era un progetto comune che si basava su una empatia intelligente.
7. Sarebbe quindi utile costituire un multiblog, cioè un blog in cui ci siano diversi contributori autonomi (guest), non uno solo che pubblica i suoi post e gli altri commentano. Noi con "Abbracci e pop corn" in questi dieci mesi abbiamo seguito questa strada, che è semplice ma anche difficile e ne siamo soddisfatti, sia come rapporto personale fra i vari guest sia come numero di Visite e Pagine viste: il record Visite è 385 (3 gennaio), il record Pagine Viste è 1211 (2 gennaio), il rank è 16. Scusate la numerologia, ma i blog si pesano.
8. Ho scelto la chiarezza col rischio di parere brutale e saccente, ma qui a Monza lo spazio per una ottima rivista in rete c'è, solo che bisogna coglierlo sapendo e rispettando le regole, e con i birignao si perde tempo e non si va da nessuna parte. Occorre innescare un circolo virtuoso di un gruppo non grande, qualificato, sintonizzato e curioso. Dimenticavo: uomini e donne, è indispensabile.
grazie per lo spazio
Primo Casalini
Che dire? Primo ha le idee chiare, forse più di me che ancora non sono così sicuro che ci sia la rete prima di tutto. Condivido quasi tutto ma una più delle altre, la necessità di formare un gruppo di lavoro che sappia elaborare collettivamente il percorso della rivista, individuare i temi, sviscerarli ed esporli mettendosi a confronto con i lettori, apertamente. La gestione non può essere riservata ad una sola persona e neanche a troppe. Le perplessità invece le ho per quel che riguarda l'idea di "multiblog" dove ognuno va per conto suo, massima indipendenza e rispetto reciproco mantenendosi però su un sentiero comune e condiviso, sennò si fa un magazine. Grazie Primo.
Pubblicato da larivistachevorrei alle 09:16 9 commenti
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mercoledì 9 gennaio 2008
Il territorio e chi tenta di difenderlo
La voce gira, il passaparola funziona. Così Alfio Sironi accoglie l'invito e sul suo blog rilancia il mio appello. Ecco parte del suo intervento.
Nb I grassetti sono miei.
Il progetto non è male: di editoria non ne so nulla, immagino solo a fatica cosa comporti mettere in piedi una “rivista” o simili, per questo vorrei attenermi alla realtà a me più vicina. Come commentatore dilettante, come cittadino, come studente e come mezzo-articolista posso dire che la creazione di una rivista di approfondimento mi sembra un’idea valida se pensata all’interno di un contesto sinergico e se ispirata ad alti valori.
Nel monzese e in Brianza ci sono moltissime testate on-line, quotidiani, giornali, ma tutti si limitano alla cronaca, gli esempi di grande tendenza sembrano i celebri “Metro” e “City”: notizie leggere, brevi, facilmente appetibili, approccio rigorosamente comportamentista, descrizione dell’evidente, punto e stop. Questo mal si concilia con le tematiche ambientali/territoriali che, mai come ora, chiedono una riflessione - pensiero e ripensamento - un’analisi critica. Se proprio si volesse una nuova rivista, essa dovrebbe rappresentare uno spazio dedicato all’analisi accurata dei problemi, alla riflessione sulle tematiche che meritano qualche minuto del nostro tempo, prezioso e sempre di meno. Una rivista di questo tipo, inoltre, si proporrebbe come strumento coerentemente inseribile nel progetto auspicato dall’Associazione Parchi del Vimercatese riguardo la possibilità di formare un coordinamento territoriale tra le diverse associazioni che si occupano di ambiente, paesaggio e cultura locale. Porprio Pino Timpani – presidente della suddetta associazione - ha più volte sottolineato l’importanza di unirsi e condurre un’azione sinergica, in modo tale da acquisire una certa rilevanza politica e contrastare più efficacemente quel partito del cemento che lavora a tempo pieno, spesso senza scrupoli e senza perizia.
In un simile quadro di unione, la rivista diverrebbe un utile collante per l’azione delle varie associazioni e non solo, uno strumento di condivisione e costruzione, uno spazio di discussione aperto agli stimoli esterni. Come per ogni progetto è facile parlare a priori e dare sfoggio alle proprie ambizioni e velleità, le variabili da discutere sono molteplici (modi, tempi, forme, linee editoriali), le difficoltà sono innumerevoli, ma mi pare che nell’ambiente ci siano esperienza, uomini e menti tali da poterci provare, anche con margini di ragionevolezza.
Che posso dire? Da principiante - appassionato sarei ben lieto di poter prestare il mio piccolo contributo.
Ringrazio Alfio per l'attenzione che presta a questa discussione. Come scrivevo, penso che sia proprio il territorio uno dei principali argomenti che la mia rivista ideale dovrebbe affrontare. Se nella discussione fossero coinvolte le associazioni e le persone che in quel settore sono attive penso che sarebbe un'ottima opportunità. Parliamone.
Pubblicato da larivistachevorrei alle 19:39 0 commenti
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La gente pensa, ragiona e risponde.
Pasquale Cicchetti (Oneiros) è uno studente di cinema neolaureato conosciuto sulle pagine di Monza la città; per me una sorpresa molto positiva. Ha accolto l'invito e ha commentato il mio appello. Trovo il suo intervento molto interessante, quindi lo metto qui in evidenza.
Come al solito, i grassetti sono miei.
Per prima cosa, credo sia onesto precisare che sono l'ultimo arrivato. Alle mie spalle non c'è né mestiere, né esperienza, né militanza, se escludiamo i cinque anni spesi nella trincea liceale di piazza Trento e Trieste. Perciò prendi le mie considerazioni per quello che sono: opinioni buttate giù ascoltando Joan Baez.
Il giornale che vorrei assomiglia molto a quello che descrivi tu, anche se probabilmente la mia immaginazione grafica è meno precisa: con qualche coloritura pastello, à la Linus dei primi anni, per capirci.
Terrei quindi come riferimento i cinque punti di Vittone, per quanto la sua idea dell'imparziale concerto dei savi mi convinca poco: come tu stesso hai scritto domenica, la politica è uno strumento con cui affrontare argomenti, e - aggiungo io - decodificarli, farne problema, riconoscerne le matrici sociali e culturali.
Un lavoro di questo tipo si pone fuori dal problema dell'equa ripartizione delle teste, soprattutto se - sono molto d'accordo con te su questo punto - consideriamo la realtà dei network sociali per come si sono sviluppati oggi. L'idea di dover sempre opporre il nero al rosso e il rosso al nero, altrimenti si plagia la gente, mi ha stancato. La gente pensa, ragiona: oggi può anche prendere parola e rispondere. L'emancipazione dei media passa anche da qui, non credi?
Metterei quindi da parte tutto il filone del discorso che guarda alla forma quotidiano, le cui analisi - condivisibili - tirano verso un'area di professionalismo e di cronaca quotidiana che rispetto, ma che sono altra cosa da quello che stiamo discutendo.
Terrei buona invece l'osservazione di Mojoli: qualla di fare rete, oggi, è una necessità. Lo impone, per così dire, l'organizzazione spaziale del sistema. Certo, occorre prima crearsi un'identità riconoscibile, una ragione: e qui recuperiamo le tre domande di Arcari, che riformulo così: quale identità dare a questa rivista?
La questione rimane aperta. Probabilmente, dovrebbe rispondere chi conosce questa terra e la sua gente meglio del sottoscritto. Ma non voglio essere vigliacco, per cui mi butto: io vorrei leggere una rivista sferzante, lucida, acuta, capace di leggere la realtà applicandole paradigmi culturali moderni, consapevolmente europea, aperta al dibattito e alla critica. Niente cronaca e niente politica da conferenza stampa, ma l'occhio attento alla società civile, se ancora esiste.
Ben vengano quindi gli interventi autorevoli, purché dibattuti e non semplicemente accolti. Anche sulla redazione stabile sarei d'accordo, ma sulle implicazioni finanziarie di queste scelte sono poco competente, e mi fermo.
Pubblicato da larivistachevorrei alle 15:30 0 commenti
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L'uovo di Colombo
L'umorismo di Alberto Colombo è delizioso. Ricordo anni fa uno scambio di battute sulla mailing list di Domeus a proposito delle ragazze con la pancia e tutto il resto in bella vista. Ecco cosa scrive in risposta alle mie sollecitazioni:
ma siamo proprio sicuri
che vogliamo un giornale?
perché non una radio locale,
24 ore di musica
interrotte da due notiziari,
oppure legata a un network come radiopop o simili?
e se poi funziona,
dopo qualche anno,
una televisione vera
con le ragazzette oh yè!
Pubblicato da larivistachevorrei alle 09:58 1 commenti
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Un salto in edicola
Nei giorni scorsi abbiamo visto quel che a Monza si è fatto in passato (e si fa) per l'informazione in area Centrosinista con l'Arengario e con Domani. Giornali gratuiti che non vengono più stampati da molto tempo. Per capire cosa c'è invece in edicola attualmente ci viene in aiuto lo stesso Carlo Arcari con un divertente (e per certi versi inquietante) ritratto dei giornali "storici" monzesi pubblicato sulla mailing list Monza Domeus che riporto in parte qui sotto. Arcari, infine, torna sui suoi passi e non si ritira dalla nostra discussione, rilanciando le sue tre domande riguardo la mia ipotesi di una nuova rivista: perché? per ottenere cosa? per chi?
Le mie tre risposte le scrivo nel prossimo post, aspetto le tue, a queste e a tutte le altre domande. Che aspetti?
Nb i grassetti sono miei
[...] Analizziamo sommariamente i tre periodici: il Cittadino, l'Esagono e Il Giornale di Monza. Il primo nato un secolo fa ha conservato e forse accentuato nel tempo e i contenuti di un settimanale che guarda alla realtà con lo sguardo di un parroco di campagna. Oggi la sua identità è quella di un periodico diocesiano che riporta le notizie provenienti da una comunità ecclesiale e il livello dei commenti del suo direttore è quello di una soporifera predica domenicale. Il secondo è uno storico settimanale sportivo brianzolo nato negli anni 60. Lo zoccolo duro dei suoi lettori è interessato soprattutto alle notizie che provengono dal mondo dell'agonismo locale e il recente rilancio (affidato a un direttore come Marco Pirola che vi ha riversato la sua esperienza di cronista politico) ne ha fatto un mezzo che fatica ancora a trovare una forma precisa. Alla tradizionale sezione sportiva del giornale egli ha aggiunto un "primo piano" di gossip politico monzese (soprattutto di centrodestra) e un ricco, ma dispersivo notiziario locale. Il terzo settimanale ha fatto invece da sempre la scelta della cronaca nera per raccontare la realtà monzese, il suo notiziario è quasi totalmente costituito da questo tipo di notizie e lo spazio di commento è praticamente inesistente. Complessivamente l'immagine riflessa della realtà monzese e brianzola da questi tre mezzi è "vecchia", nel senso di "datata", molto parziale e di basso profilo. Non c'è dibattito, non c'è analisi, non c'è confronto di idee e commento. Soprattutto non c'è inchiesta che spieghi al lettore cosa sono questa città e la sua società. Se uno straniero (italiano intendo) li dovesse leggere per farsi un'idea della Monza o della Brianza, che tipo di opinione si farebbe di questa città e di questo territorio? Certo molto lontana dalla realtà. C'è spazio dunque per un mezzo di informazione e comunicazione nuovo, che dia le notizie che questi giornali non danno e non daranno mai perché non le riconoscono come tali, che offra ai lettori un dibattito sull'attualità che oggi non fa nessuno e che proponga un commento diverso nel linguaggio e nei contenuti da quello che oggi passa il convento, anzi la parrocchia, del Cittadino. Ad assumere questa mission non può essere che l'espressione "professionale" di quella parte sociale e politica di città che è cosciente della realtà di cui sopra, che sente l'esigenza anzi l'obbligo (pena il rassegnarsi a vivere altri dieci anni governati dalla parrocchietta leghista oggi al potere) di esprimere una diversa visione del futuro di Monza e della Brianza. Ma quale visione? Ecco il punto sul quale bisognerebbe discutere seriamente e che invece tutti scantonano, cominciando uno a discutere della forma del giornale da fare, l'altro delle idee che dovranno avere in comune i futuri redattori, l'altro del cosa non vogliamo essere, ecc. Io che invece sono convinto del fatto che un giornale (o rivista) è prima di tutto un mezzo e non un fine, ho proposto di cominciare a discutere partendo da queste tre domande: perché? per ottenere cosa? per chi? Nessuno per ora ha risposto, ma senza queste risposte, temo, non si andrà da nessuna parte o si farà poca strada. Come è sempre puntualmente avvenuto finora. In conclusione a mio avviso gli elementi fondamentali che bisogna definire e condividere tra i cittadini della "Città Possibile" che si vogliono dare uno strumento di comunicazione all’altezza della sfida e affrontare questa impresa con un minimo di possibilità di riuscita, sono: 1) obiettivi (culturali e politici), pubblico (lettori, società), risorse (economiche e professionali). Il progetto editoriale, come la musica nelle opere, verrà.
Pubblicato da larivistachevorrei alle 09:20 0 commenti
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