giovedì 27 dicembre 2007

Il giornale che vorrei

Io credo che Monza e il suo territorio abbiano bisogno di qualche spazio di riflessione e di confronto in più. Credo ci sia il bisogno di far dialogare chi ci vive, chi ci lavora e chi la guarda da lontano. Io credo che ci sia il bisogno di una narrazione della città stessa — e di quanto le è contemporaneo — critica, capace di affrontare con decisione il suo presente e il suo futuro. Una narrazione che porti a individuare il senso di quanto accade e che non si fermi a esporre la cronologia dei fatti.

Io credo che fra gli spazi necessari alla città ce ne sia uno per un giornale di approfondimento e di analisi. Un giornale che non sia in affanno per inseguire la cronaca quotidiana o l'agenda di questa o quella scadenza, elettorale o finanziaria che sia. Un giornale che nasca con umiltà ma con presupposti ambiziosi, come ambiziosa è l'idea di darle vita non come un prodotto a sè, utile a dare un reddito a chi la scrive e la pubblica, ma come uno strumento per produrre un altro tipo di merce: la cultura, cioè la capacità di comprendere il perchè questo territorio è così, e non solo il cosa è e il come è.

Quello che accade, e ancor più quello che non accade, lo possiamo leggere sui tanti giornali che ci sono già, da quelli urlati a quelli vellutati. Perchè poi qualcosa accada o non accada è molto più difficile capirlo. Giornali che rincorrono i temi e i ritmi televisivi perchè non c'è tempo, non c'è attenzione, perchè i lettori sono sempre meno.
E se provassimo a rovesciare il canocchiale e ci accorgessimo che invece sono quelle notizie e quegli argomenti che portano i lettori/abitanti a cercare altro e altrove?

Un anno e mezzo fa lanciai la proposta di fondare una rivista che dal territorio di Monza e della Brianza guardasse a quanto sta intorno, con un punto di partenza e un ampio orizzonte come meta. Allora pensavo dovesse essere solo online, per una questione di costi soprattutto. Dover sostenere una spesa contenuta assicura più libertà nell'affrontare gli argomenti e più indipendenza dalla pubblicità, manifesta o sottopelle che sia.
Quella proposta pensai di farla confluire, qualche mese dopo, nell'ultimo nato fra i giornali della città. Con il tempo le scelte e le strade intraprese hanno dimostrato che quel bisogno di analisi e riflessione c'è ancora e con essa un vuoto da colmare.

Un altro giornale/rivista, per un altro tipo di narrazione. Che non vada in apnea fra cronaca e superficie. Pensiamoci insieme. Almeno questo lo possiamo fare da subito. Ora, qui.

11 commenti:

Anonimo ha detto...

Caro Antonio,
Come potrei dirti che non è una buona idea, certamente da 40 anni passati a
Monza ho sentito spesso coircolare idee su questo desiderio, che però ha
visto realizzare derive di cronaca nera e di mercato, o nascite ultimate
dopo breve tempo, poco duro lavoro, periodicità non analizzata e distribuita
con cura, e tanto altro ancora.
In ogni caso un incontro diretto è ben accetto dopo si vedrà
CIAO
Nicola Frangione

Anonimo ha detto...

Sono anni che ragiono su questa cosa, prima con Brianze (che ha fatto il suo tempo, ormai), poi con altri tentativi che non si sono mai concretizzati. E che in parte conosci anche tu. Quel che serve - credo, perché su queste cose si va un po' a tentoni - è un giornale (chiamarlo rivista mi sembra troppo) che racconti la città da dietro le quinte, senza seguire la cronaca spicciola, ma sfruttandola per capire quel che succede. Non è facile fare una cosa così, tutt'altro. Ci vuole gente capace, con tanta voglia di fare e con un po' di fiuto giornalistico. Ma credo (di nuovo non sono sicuro che sia necessariamente così) che sia proprio quel che manca da noi.
Scusa se l'ho fatta lunga.
Ciao.
Diego Colombo

Giovanni Perego, detto Gimmi ha detto...

Caro Antonio,

Indubbiamente esiste da molti anni a Monza l'esigenza di uno spazio di informazione intelligente e diverso da quanto realizzato finora. Ma i limiti imposti dalla realtà (tempo, soldi, spazi...) hanno impedito finora che le esperienze realizzate finora durassero a lungo. Mi viene spontaneo, allora, pensare più che ad un giornale centralizzato, ad una federazione, ad una rete. Di Blog, di siti di associazioni, di spazi per chi un sito non ce l'ha... Che una volta individuata una carta d'intenti comune lavorino in modo sinergico.
Io la butto lì...
La discussione è aperta

Ciao!
Gimmi

larivistachevorrei ha detto...

Diego, perchè non ci racconti un po' come è nata la rivista "Brianze" e come si è evoluta?
Gimmi la tua è sicuramente un'ipotesi percorribile ma io non escluderei la strada (parallela, non alternativa) della stampa e soprattutto penso al valore aggiunto che solo il lavoro collettivo di una redazione può dare, per quanto libera e... flessibile.
Nicola, raccontaci qualcuno di questi tentativi mancati, non tutti siamo a monza da quarant'anni :)

Giuseppe Civati ha detto...

Non ho alcun contributo significativo, caro Antonio, e ti ringrazio soprattutto per avermi invitato a discuterne con voi.
Rimango affezionato al modello Domani, quel foglio progressista che costava poco e usciva una volta alla settimana, le notizie essenziali, una bella intervista ad un monzese che avesse qualcosa da dire, un argomento di riflessione monografico affrontato sulla falsariga delle inchieste vecchio stile del fu-Diario della settimana, due o tre editoriali scritti bene e qualche rubrica a cui, col tempo, affezionarsi. Forse la grafica faceva un po' troppo FAZ, ma era un giornale a misura di Monza e della sua volontà di cambiare.

larivistachevorrei ha detto...

Giusto per precisare, il Giuseppe qui sopra è Pippo Civati.

Anonimo ha detto...

Caro Pippo, ti ringrazio per il modo mirabilmente sintetico e preciso con il quale hai descritto in quattro parole il format di Domani al quale anch'io sono ancora affezionato. Del resto così l'avevamo immaginato e così lo abbiamo fatto insieme. Domani però non piaceva a quelli ai quali ci rivolgevamo. Mi ricordo alcune critiche di esperti illustri e non: linguaggio troppo alto (i giornalisti monzesi), troppo piombo (Piero Fassino), grafica vecchia (Antonio). Risultato, troppe rese (io a D'Alema). Ma tornando agli ingredienti principali del giornale io li ritengo ancora validi e non vedo con cosa sostituirli. A Perego dico che il network di siti e blog è facilissimo da fare: basta che i partecipanti o i gestori di questi strumenti li utilizzino per veicolare e allargare un dibattito comune. Ma oltre a questo "detto tra noi" digitale, occorre un "luogo" preciso dove sviluppare con cadenza periodica il confronto delle idee e sviluppare il dibattito comune facendolo diventare iniziativa (culturale), organizzazione (di eventi), azione (politica). Se è questo l'obiettivo comune di chi sente l'urgenza di un periodico per costruire l'immagine della Monza del terzo millennio, naturalmente.

Anonimo ha detto...

CIAO a tutti,
nei come?.
Come privati appartamenti uniti?.
Come volatili nel mercato libero dei pensieri?.
Come per un dopo"DOMANI per altroieri"?.
Come siamo?
Come è necessario un serio e duro lavoro?.
Come rivedere infine cosa è stato fatto e cosa modificare nei primi 2 anni
della nostra futura rivista?.
Come avere insieme una struttura di progetto chiara e sintetica, per rompere
lo "stupefacente apparire"?.
Come riprendere lo stupefacente dell'essere umano?.
Come siamo noi se solo sommariamente nel futuro cartaceo?.
CIAO a tutti e a presto.
Nicola Frangione
www.nicolafrangione.it
www.hartaperformingmonza.it

Anonimo ha detto...

Antonio, grazie per avermi fatto conoscere – Una Città--.
Pubblicherò un cut-up dell’’intervista di Bonomi sul mio blog. Se l’idea è partorire un giornale di questo tipo, corro subito a dare una mano, perché questo approccio si muove nella direzione giusta: affonda la ricerca culturale nei più sperduti e specifici meandri spaziali del territorio, incanalandosi nei concatenamenti antropologici, senza peraltro perdere una fortissima connessione con il macro-globalizzato.
Una rivista con questa impostazione è sicuramente utile; è presumibilmente destinata a divenire punto di riferimento di riterritorializzazione, anche qui nella nostra martoriata Brianza.
Tuttavia, penso che abbiamo anche bisogno di un giornale locale ad alta diffusione, accettato e digerito allo stesso livello di Il Cittadino, per fare un’esempio: un La Repubblica locale, laddove sottindendo l’operazione inventata da un gruppo imprenditoriale degli anni ’70, per togliere l’egemonia al Corriere della Sera e tirare a sinistra l’opinione pubblica. Si, perché l’opinine pubblica non esiste, se non nel simulacro inventato dai media. Questa cosa non possono farla i Partiti, principalmente perché per loro natura non integrano gli strumenti organizzativi per il funzionamento della macchina.
Sembrerebbe che L’Esagono sia uno strumento imprenditoriale, una spece di macchina fresatrice che prepara i terreni all’inculcamento di una strategia urbanistica. Un giornale di controtendenza vincente, potrebbe nascere solo da una macchina imprenditoriale che avesse come strategia un livello elevato di qualità ambientale. Fra gli annunci mortuari e inserzioni economiche è stata inculcata per decenni la strategia del pendolare sonnambulo, abitante della Citta morta e oggi lettore imbambolato di Leggo & Metro, tutte le mattine, inesorabilmente. Per dirla alla Bonomi: una piattaforma tecnologica ad alta qualità ambientale, una “olandizzazione” virulenta. Non c’è altra via di fuga, la politica ci mette sempre più tempo a macinare: in questa fase dobbiamo augurarci la tenuta del governo, altrimenti rischiano di alterararsi le pulsioni, che stanno alimentando i movimenti nei territori, in questo caso sarebbe difficile immaginare gli sviluppi. Meno Hub e + Parchi,
mi verrebbe da titolare, visto che gli aereoporti generano conflitti che sgretolano il potere regionale, o meglio milanese, svelandone l’impianto nichilista: distruggere il territorio con la cartapesta.
Ciao
Pino Timpani
http://blog.libero.it/PinoTimpani/

Abitiamo Villasanta ha detto...
Questo commento è stato eliminato da un amministratore del blog.
Anonimo ha detto...

Caro Antonio,
ho seguito tutta la discussione e credo sia ora di dire la mia.

Per prima cosa, credo sia onesto precisare che sono l'ultimo arrivato. Alle mie spalle non c'è né mestiere, né esperienza, né militanza, se escludiamo i cinque anni spesi nella trincea liceale di piazza Trento e Trieste. Perciò prendi le mie considerazioni per quello che sono: opinioni buttate giù ascoltando Joan Baez.

Il giornale che vorrei assomiglia molto a quello che descrivi tu, anche se probabilmente la mia immaginazione grafica è meno precisa: con qualche coloritura pastello, à la Linus dei primi anni, per capirci.

Terrei quindi come riferimento i cinque punti di Vittone, per quanto la sua idea dell'imparziale concerto dei savi mi convinca poco: come tu stesso hai scritto domenica, la politica è uno strumento con cui affrontare argomenti, e - aggiungo io - decodificarli, farne problema, riconoscerne le matrici sociali e culturali.
Un lavoro di questo tipo si pone fuori dal problema dell'equa ripartizione delle teste, soprattutto se - sono molto d'accordo con te su questo punto - consideriamo la realtà dei network sociali per come si sono sviluppati oggi. L'idea di dover sempre opporre il nero al rosso e il rosso al nero, altrimenti si plagia la gente, mi ha stancato. La gente pensa, ragiona: oggi può anche prendere parola e rispondere. L'emancipazione dei media passa anche da qui, non credi?

Metterei quindi da parte tutto il filone del discorso che guarda alla forma quotidiano, le cui analisi - condivisibili - tirano verso un'area di professionalismo e di cronaca quotidiana che rispetto, ma che sono altra cosa da quello che stiamo discutendo.

Terrei buona invece l'osservazione di Mojoli: qualla di fare rete, oggi, è una necessità. Lo impone, per così dire, l'organizzazione spaziale del sistema. Certo, occorre prima crearsi un'identità riconoscibile, una ragione: e qui recuperiamo le tre domande di Arcari, che riformulo così: quale identità dare a questa rivista?

La questione rimane aperta. Probabilmente, dovrebbe rispondere chi conosce questa terra e la sua gente meglio del sottoscritto. Ma non voglio essere vigliacco, per cui mi butto: io vorrei leggere una rivista sferzante, lucida, acuta, capace di leggere la realtà applicandole paradigmi culturali moderni, consapevolmente europea, aperta al dibattito e alla critica. Niente cronaca e niente politica da conferenza stampa, ma l'occhio attento alla società civile, se ancora esiste.

Ben vengano quindi gli interventi autorevoli, purché dibattuti e non semplicemente accolti. Anche sulla redazione stabile sarei d'accordo, ma sulle implicazioni finanziarie di queste scelte sono poco competente, e mi fermo.

Credo di aver detto tutto. Continuerò a seguire il dibattito: ci risentiamo, e scusa se come sempre sono stato prolisso.