Mentre continuano ad arrivare opinioni e proposte (poche ma interessanti), proviamo a capire come e cosa dovrebbe essere la rivista che vorremmo?
Comincio io con un paio di desideri. Vorrei una rivista su cui scrive chi ha voglia di farlo davvero, chi ne ha desiderio, chi ne ha il bisogno. Persone che abbiano voglia di narrare la città e il territorio non perchè gli porti in tasca qualche manciata d'euro.
Per il giornalismo senza amore ci sono già i tanti viali dell'informazione, quotidiani, settimanali, mensili, tivù eccetera.
La logica del volontariato. Investire parte del proprio tempo, parte delle proprie energie per costruire delle pagine in cui riconoscersi, su cui studiare, ricercare e confrontarsi. Come punto di partenza ovvio. Se una rivista è fatta con passione è più probabile che riesca più interessante, per chi la legge e per chi può usarla come mezzo pubblicitario.
Carta Libera era una piccola testata nata nel deserto dell'entroterra barese. Per cinque anni è stata un laboratorio di idee, esperimenti, proposte, critiche. Gestito in completa autonomia da chi ci scriveva, molti giovani e giovanissimi, qualche attempato signore. Per cinque anni ci facemmo un mazzo così, ci scontrammo tante volte, ma soprattutto ci divertimmo tantissimo. E tutto quello che c'era bisogno di dire e scrivere lo dicemmo e lo scrivemmo.
Il secondo desiderio è questo: vorrei una rivista che non dipenda da alcuna scadenza elettorale. Anzi di più, vorrei una rivista che non dipenda proprio dal sistema politico tradizionale (e neppure da quello economico). Capace di dialogare con essi ma soprattutto di non subirli. Schiena dritta santo cielo!
Che non sia in balia della logica dello schieramento, anche perchè gli schieramenti o sono troppo larghi o sono troppo stretti. Non credo alle menate dell'obiettività, anzi in genere mi danno fastidio perchè nascondono ipocrisie e banalità da salottino, ma non credo neppure alle menate da partito preso.
Non c'è bisogno di essere uno "del mestiere" per aver voglia di un giornale "alternativo" e poter dire, qui, come lo vorresti. Tu che desiderio hai?
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mercoledì 2 gennaio 2008
Giornalismo senza ammmore
Pubblicato da larivistachevorrei alle 10:55
Etichette: Opinioni a riguardo
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3 commenti:
Me lo sentivo che prima o poi saremmo arrivati all'amore, anzi al "ammore". Al desiderio come unica regione, alla ricerca del divertimento e al bisogno di soddisfare questa voglia. Se è così caro Antonio, io mi ritiro in buon ordine e lascio voi giovani soli a costruirvi la vostra felicità in Brianza. Che vuoi, per me il giornalismo è ed è sempre stato un mestiere, un'identità, un modo per guadagnarmi il pane, un mezzo per esprimere la mia personalità e far contare le mie opinioni, un sistema di vita, un modo per influire sulla realtà, per costruire contropotere, per essere protagonista del mio tempo. I Longobardi per noi oggi esistono perché la loro storia è stata scritta da Paolo Diacono, che non l'ha fatto gratis. Facendo il giornalista sono finito tre volte in Tribunale a difendere materialmente il mio personale diritto di cronaca e di critica. Non mi sono mai divertito. Per me il giornalismo è una lotta, una battaglia individuale e collettiva, che finirà solo quando smetterò di scrivere. Per questo non mi interessa discutere di "ammore" e di volontariato. Auguri.
Questa volta devo dar ragione ad Antonio, anche se i risvolti economici di una impresa giornalistica non possono esser ignorati, se si vuol durare. Anch'io ho fatto il redattore di riviste e rubriche. Pagato, s'intende. Ciò non toglie che, in diversi casi, ho fatto le medesime cose non pagato. Per ingenua passione? Beh, la passione conta, non è da sottovalutare, anche Carlo scrive cose che gli fruttano quattrini e altre no. Credo che sempre si sia mossi da passione per ciò che si fa, anche se poi l'affinità affettiva maggiore o minore con quel che facciamo non è quasi mai determinata dal denaro che se ne ricava.
Perchè, quindi, Carlo esclude un mix di professione e volontariato, purchè sia svolto con mestiere e capacità professionali (questo è altro discorso, evidentemente)?
Non tutti i periodici interessanti che esistono o son nati e morti nel tempo avevano alle spalle progetti finanziari consolidati e sicuri: molti, anzi, avevano soprattutto alle spalle creatività,curiosità. mestiere, etica della professione e pecunio incerto.
Quanti scrittori o giornalisti famosi, del resto, han cominciato il loro lavoro collaborando gratuitamente, o per poche lire, a testate più o meno solide finanziariamente?
Un giornale a Monza, rivista o che altro, credo richieda un mix di entrambe le cose, così come la politica che, se lasciata in mano solo ai professionisti, ottiene risultati perversi.
Questo non vuol dire, ripeto, che un progetto non debba esser fatto professionalmente, considerando tutti gli aspetti, compreso quello dei costi, dei finanziamenti e della prevedibile durata nel tempo.
Vero Conrad (ti conosco?), non bisogna confondere l'aspetto volotaristico e passionale con la mancanza di professionalità, non stiamo parlando dei pittori e poeti della domenica. Si tratta di far partire un progetto investendo in prima persona (energie e lavoro) invece che aspettare il candidato di turno che vuole mettersi in bella mostra o l'imprenditore a cui poi devi dare conto di ogni singola riga. O sul treno paghi il biglietto o sul treno spali il carbone, sennò non vai da nessuna parte.
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