mercoledì 2 gennaio 2008

Quel che non ha prezzo.

È capitato che parlando dell'idea di creare una rivista a Monza con i giornalisti di "professione", appena pronunciata la parola magica "volontariato" il dialogo sia diventato un monologo. Capisco che ogni mestiere è mestiere e vada retribuito (chi lo mette in dubbio?), altra cosa è la possibilità di ragionare su un bene "sensibile" come l'informazione senza scartare a priori l'ipotesi di lavorarci contribuendo, investendo del proprio. O ci metti il grano o ci metti il lavoro se vuoi che lo strumento sia anche tuo. Altrimenti lavori per altri e quegli altri hanno tutto il diritto di decidere quel che vogliono: loro investono, loro decidono.

Confondere poi il gratuito con il velleitarismo mi sembra, nel 2008, davvero un errore di miopia, soprattutto se si sta discutendo utilizzando una piattaforma come Blogger. Che è gratuita.
Il gratuito e la ricerca della felicità, ovvero la soddisfazione di fare qualcosa non solo per ricavarne denaro ma per dare un senso condiviso al proprio operare, non sono una mia ingenua chiave di lettura. Ecco un passaggio di Luca De Biase in proposito. Egli è il curatore di Nova24, il supplemento scienza, tecnologia e innovazione del Sole 24 ore. Notoriamente giornale di giovinastri velleitari.

NB I grassetti sono miei.

3. Il gratuito e la qualità
[...] Le nuove ricerche economiche stanno dimostrando che la crescita non è sempre ciò che rende felici le popolazioni e che anzi avviene a scapito di quello che rende felici: sostituisce le relazioni di fiducia, le amicizie, le solidarietà con altre relazioni basate sulla moneta e l'interesse.

La dimensione del gratuito è invece enormentemente importante. Una volta superata la soglia della sopravvivenza, la qualità della vita dipende essenzialmente da cose gratuite. Che non sono solo oggetti che non costano nulla, anzi. Il gratuito è anche - e spesso soprattutto - un attributo di beni e relazioni che invece possono avere anche un prezzo: la motivazione professionale di chi lavora è un attributo gratuito di una relazione che invece è strettamente monetaria, ma cambia la qualità di tutto.

Quello che emerge dai blog e dalle altre forme di ricerca collaborativa non è un insieme di relazioni che non costano nulla: ma il loro significato vero deriva dalla voglia di ognuno di donare alla rete una parte del suo tempo e delle sue idee per riceverne un arricchimento che nessuna quantità di denaro potrà mai pagare.

Si ha l'impressione che questa dimensione del gratuito vada ripensata e reinserita nei gangli fondamentali della ricerca economica. L'economia della felicità, la fine dell'idea dello homo oeconomicus, introduzione dell'analisi degli obiettivi nella ricerca economica accanto alla ricerca sulle risorse, sono segnali deboli di un bisogno profondo. Non esisteva la "nuova economia" di speculativa origine; ma di certo c'è bisogno di un'economia nuova. Questo libro cerca di darne conto.

1 commento:

Anonimo ha detto...

L'idea è bella!
Agli antipodi di questo ragionamento se ne può formulare uno rovesciato: il limite principale, delle speci viventi che popolano il pianeta, è credere di poter utilizzare, gratuitamente e a propria convenienza, tutto e tutti, rimuovendo il vero movente dell'esistenza, cioè il fatto che è Madre Terra che ci usa tutti e tutto, come catalizzatori, metabolizzatori e riciclatori del suo organismo.
Quel che non ha prezzo è la presa di coscienza di un essere che, accortosi di essere sfuggito a questa funzione e spintosi a livelli di opportunismo esponenziali che minacciano l'esistenza stessa della vita, riporta gratuitamente tutto e tutti alla Terra.
Come avevo già scritto prima, ritengo più importante la nascita di un giornale indipendente che abbia una grande incidenza di massa.
Questa cosa bisogna conquistarsela con i fatti: non basta regalare le copie, portandole anche direttamente nelle case, per acquisire la credibilità ed essere letti.
Se la gestazione di questa missione passa attraverso un nucleo di volontariato, allora proviamo.
Bisogna però tener presente il rischio di riprodurre un'ennesima setta di adepti ed evitare di rinchiudersi in un circolo chiuso.
In questa direzione si potrebbe ipotizzare di avere in qualità di committente le Associazioni che operano nel territorio, a cui abbiamo avviato un tentativo di dargli un coordinamento provinciale.
Come valenza, tale committente, può avere la stessa forza, in termini di interessi, a quella dell'imprenditoria cementizia.
Ciao Pino Timpani