Dalla chiacchierata dell'altra sera, lunga e appassionata, è venuto fuori che la voglia di dare corpo al progetto è concreta. Ho tentato di sintetizzare le opinioni, i suggerimenti, le precauzioni, i dubbi nel testo che segue. Potrebbe diventare il primo passo, oppure no. Aggiungi le tue osservazioni e il tuo commento per modificarlo e per appropriartene. Abbiamo deciso di continuare il confronto qui, alla luce del sole, continuando a condividere apertamente le idee. Già questo a me pare sia un atteggiamento inedito da queste parti. Un ottimo primo passo.
Per comodità e brevità riprenderò la formula delle "5 W" per ripercorrere le questioni da affrontare. Per ogni W riporto gli aspetti emersi ieri sera e la mia personale proposta/sintesi.
What / Cosa
Una rivista di approfondimento e analisi che, citando la pubblicità di Diario, "Non insegue l'attualità, vorrebbe precederla. Altrimenti la commenta".
Che abbia la capacità di essere qualitativamente molto curata (nella scrittura o in qualsiasi altra forma di comunicazione sarà opportuno utilizzare, video, fotografia, satira...).
Che sappia raccontare con attenzione quel che accade nel nostro territorio, senza costringerci in confini che esistono solo sulle cartine (quindi Vimercate come Casatenovo come Sesto...).
Che sappia essere interessante, in grado di coniugare il piacere personale di chi la produce con l'attenzione del lettore.
Non una merce da vendere ma uno strumento. Il fine non è fare la rivista solo per il piacere di farla, ma usare la rivista per analizzare quanto accade (e non accade) in questo territorio. Non fermarsi alla cronaca (cosa accade) ma provare a capire perchè accade, facendo indagine e riflessione. Raggiungendo un numero di lettori adeguato all'impegno e non solo la ristretta e angusta cerchia di amici e parenti.
Non aver paura di dire la propria, ai lettori viene data la libertà di leggere, pensare, rispondere.
Gli argomenti?
Il territorio, urbano ed extraurbano; le sue trasformazioni, la sua difesa, la sua valorizzazione.
Le culture, ovvero la capacità di capire il perchè di quanto accade e la ricerca di percorsi meno battutti.
La cittadinanza, ovvero i rapporti fra le persone e quanto gli vive intorno: le altre persone, le relazioni e gli istituti che le regolano (Affetti, Lavoro, Rappresentanza, Delega, Comune, Stato, Unione Europea...).
Con molta attenzione a quanto comunemente non riesce ad avere visibilità e attenzione in una città e in un territorio che è profondamente cambiato sociologicamente.
A questo i collaboratori sono invitati a partecipare secondo le proprie competenze personali e la redazione ad elaborare, collettivamente, il confronto. Non solo un magazine di personalità separate ma anche un "insieme" capace di rapportarsi, rispettando l'indipendenza, all'interno e all'esterno.
Why / Perchè
Perchè siamo sazi e disperati, sazi di informazioni e disperati di senso, sappiamo tutto quel che accade (o che conviene far sapere) e non sappiamo perchè accade.
Perchè occorre capire oltre che sapere, altrimenti non si decide e non si incide la realtà. Una rivista aggressiva, capace anche di "smuovere", stuzzicare e stimolare. Viva e pulsante. Militante senza militare in nessun partito o schieramento. Come dice Saviano citando Celine, non ci interessa produrre "spilli per inculare le mosche". Capace di intercettare i fermenti ambientalisti, umani e culturali, farsene interprete, incubatore e stimolo.
Per arrivare a questo è necessario stabilire un ambito, un metodo e un fine entro cui il lavoro collettivo si riconosce e che determina anche, quando necessario, la cassazione di contributi non adeguati. Una "carta dei valori" a cui tutti siamo chiamati a dare corpo per poterci riconoscere e vedere ripagato il nostro lavoro.
Io propongo i miei "principi": laicità (religiosa e partitica), ironia (i media brianzoli sono tristi e noiosi), difesa delle risorse a rischio (diritti delle persone, ambiente)...
Who / Chi
Chi scrive (o riprende, fotografa, disegna...) è anche proprietario del giornale. Attraverso una forma aggregativa (dalla semplice e snella Associazione culturale alla più impegnativa Cooperativa) chi scrive sul giornale partecipa in prima persona alla gestione delle sue sorti, della sua identità e della sua linea editoriale. L'indipendenza da editori (imprenditoriali o politici) comporta l'investimento personale di impegno, lavoro e risorse. Sia l'Associazione che la Cooperativa comportano l'apporto di una quota associativa che può essere stabilita di natura diversa per i soci "INPS" e per i soci "ggiovani", una somma di denaro e il lavoro per i primi e il solo contributo di lavoro (più una cifra puramente simbolica) per i secondi.
La struttura deve prevedere le comuni forme di organizzazione elettiva: comitato direttivo e presidenza, criteri di accettazione delle iscrizioni eccetera. In questo modo si assicurano democrazia e responsabilità riconosciute. Il presidente dell'associazione può coincidere con il direttore poichè l'editore coincide con la redazione.
Where / Dove
Una rivista non è ne' la carta ne' le schermate, sono i contenuti che riesce a produrre ed elaborare. Individuare gli strumenti più efficaci per farlo arrivare ai lettori è compito che non può prescindere da alcuni aspetti:
- Cadenza. Essendo una operazione di spirito "no-profit" e volontaristico non può diventare troppo pesante produrla e deve permettere di essere creata nei "ritagli di tempo".
- Costi. Senza escludere a priori lo strumento cartaceo, è evidente che l'utilizzo di internet abbassa notevolmente la soglia di accesso e di visibilità, si va da zero centesimi utilizzando servizi gratuiti e si cresce proporzionalmente in base alle risorse (e al successo) che il giornale raggiunge. La mia idea è di partire su una piattaforma "proprietaria" che ci permetta di essere indipendenti da network, provider e di poter gestire in totale autonomia database e strumenti vari. Un impiego minimo (ma adeguato ad una soglia di partenza di 800 lettori al giorno) significa prevedere una spesa di qualche centinaio di euro, diciamo 1000-1500, per un servizio hosting di qualità. La stampa di un numero minimo di copie cartacee comporta un costo pari, ma per un singolo numero e con poche pagine. Pensare alla stampa significa quindi prima di tutto pensare a trovare risorse che non possono certo essere coperte dalle quote associative.
Per questi motivi la forma rivista e la cadenza mensile sembrano quelle più adeguate. Lo strumento digitale più abbordabile di quello stampato.
When / Quando
Una volta raccolte le dichiarazioni di disponibilità di ciascuno (di tempo, di soldi, di idee) si può passare a imbastire il vestito più adeguato. Vi invito a esprimervi tutti sulla disponibilità personale: tempo, impegno, denaro, competenze-interessi. Se abbiamo 10 persone e 2000 euro si fa un cappotto, se abbiamo 20 persone e 5000 euro si fa un guardaroba, se abbiamo 4 persone e 150 euro si fa una pizza e amici come prima. La prospettiva deve essere basata su un arco di tempo di almeno due anni e con un fondo minimo di 6.000 euro (così da permetterci di pagare eventualmente chi ci ospita nelle riunioni).
Mi lancio in una ipotesi di crono-programma.
Nelle prossime due-tre settimane si raccolgono le osservazioni, le aggiunte e le sottrazioni a questa bozza di sintesi (e vi chiedo subito scusa per tutto quello che ho dimenticato di riportare) e si elabora insieme lo "statuto" che determinerà anche la linea editoriale del giornale. Io, sulla base di altre esperienze simili, presenterò un quadro di insieme per quel che riguarda la costituzione di una associazione culturale che diventi la personalità "giuridica" titolare del progetto, proprietaria della testata e che determini i processi decisionali interni.
Dopo le due-tre settimane ci incontriamo nuovamente (di martedì, ospiti di Stefano presso Il Fannullone con spaghetto annesso) per dare corpo attraverso una o più bozze definitive di "statuto" all'identità dell'associazione/giornale.
Entro un mese si dà corpo alla personalità "giuridica", alle "cariche" ai ruoli, compiti e responsabilità. La forma Associazione culturale è molto semplice e leggera, non c'è neppure l'obbligo di andare da un notaio.
Successivamente (fra 40 giorni?) si individua una scaletta di temi specifici da affrontare, la struttura del giornale (quantità di contenuti, sezioni, strumenti di interazione...) e si disegna una bozza di primo numero zero che permetta di testare la macchina organizzativa (capire chi può fare da riferimento, le comunicazioni interne, le revisioni...).
Contemporaneamente si elaborano dei piani di promozione e di raccolta fondi (contributi dei lettori, raccolta pubblicitaria...).
A tal proposito penso sia importante considerare la possibilità che a titolo di associato "INPS", ovvero con quota in denaro, possano entrare in gioco anche altre associazioni culturali o ambientaliste sulla scorta di importanti esempi nazionali: nel comitato editoriale di "Vita" - il settimanale del no-profit - entrano a far parte anche tutti quegli enti che versano una quota (in quel caso 7500 euro) e sottoscrivono un protocollo di intesa che assicura loro visibilità, sconti sulla pubblicità e partecipazione nella gestione (in ragione ovviamente di una quota singola, come un qualsiasi altro associato "INPS" o "ggiovane" che sia). Questo può significare una proficua collaborazione con quelle realtà del territorio cui molti di noi già appartengono e che probabilmente hanno bisogno di un punto di riferimento per la loro comunicazione.
giovedì 31 gennaio 2008
Primi passi
Pubblicato da larivistachevorrei alle 09:55 6 commenti
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mercoledì 30 gennaio 2008
Ci siamo
Ieri sera primo incontro "offline". Tre ore fitte di pareri, domande, proposte, dubbi, provocazioni. Molto interessanti e promettenti. Presto cercherò di fare il punto e preparare un tracciato per le prossime tappe. Si è deciso di continuare alla luce del sole la discussione, se qualcuno che non ha potuto partecipare vuol contribuire, le porte restano aperte.
Pubblicato da larivistachevorrei alle 09:26 2 commenti
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lunedì 21 gennaio 2008
Incontriamoci martedì 29 gennaio
Visto che me lo avete chiesto, incontriamoci. Martedì 29 gennaio alle 21 approfittiamo dell'ospitalità del CCR di Monza in via Ambrogiolo 6 (una stretta stradina su via Italia). Mi farebbe piacere vedere anche te, sia che tu voglia partecipare direttamente o che tu voglia semplicemente essere un collaboratore "esterno" o - ancora - un probabile lettore. La rivista è e resta per ora solo un'idea, un'ipotesi tutta da definire. Puoi partecipare anche tu alla sua definizione. Consideriamola una chiacchierata per capire quanto è possibile passare alla fase successiva. Tutti benvenuti, rompiscatole e menagramo esclusi.
Pubblicato da larivistachevorrei alle 10:32 0 commenti
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martedì 15 gennaio 2008
Una rivista è (anche) i suoi lettori
Molti di voi pensano che si possa fare un giornale anche esclusivamente online. Io ho ancora perplessità ma non è questo il punto. Una questione fondamentale è il ruolo che i lettori dovrebbero avere. Online è "naturale" prevedere la loro partecipazione: commenti, lettere, forum eccetera. Ma dove sta il confine fra i contenuti della redazione e quelli dei lettori?
Alcune settimane fa, un certo scalpore ha suscitato nella microsfera online monzese la decisione del direttore di Monza la città di pubblicare solo i commenti firmati. In realtà è una decisione assolutamente "normale" poichè tutte le testate (da Repubblica al Corriere) prevedono - prima di inserire commenti e interventi sulle loro pagine - addirittura una registrazione, con tanto di accettazione di termini di utilizzo. Eppure è un dato di fatto che i commenti su quel giornale (che è mio cliente, per chi non lo sapesse) sono notevolmente diminuiti.
Ecco, credo che ci sia un po' di confusione. Innanzitutto fra la natura delle diverse pagine online: un giornale non è un forum, un articolo non è un post di un blog. Questa la sostanza. Ma la percezione comune è un'altra, si tende a credere che su internet ognuno può scrivere quel che vuole, dove vuole e come vuole, senza firmarsi, senza - in qualche modo - assumersene la responsabilità. Pur non avendo condiviso la decisione del direttore, io proprio non credo che le cose stiano così. Credo che sia giusto dare spazio, il più possibile, ai lettori ma che vada segnato un confine netto e distinguibile. Per un motivo principalmente: quello che viene scritto nella rivista che vorrei dovrebbe essere frutto di una riflessione collettiva e condivisa, il parere, il commento di un lettore no, non per forza. E perchè mai chi in quella rivista infonde impegno e fatica dovrebbe "ingioiare il rospo" sputato dal primo che arriva?
Non mi piace chi confonde il rispetto per le idee altrui (magari diverse, finanche opposte) con il "dovere" di pubblicarle. Se abbiamo un vicino ubriacone e molesto, davvero dovremmo aprirgli la porta e farlo sedere sul nostro divano, altrimenti non siamo democratici?
Pubblicato da larivistachevorrei alle 11:02 0 commenti
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Non c'è niente da capire
Per capire meglio la differenza fra semplice informazione (notizie, cronaca, uffici stampa travestiti da giornali...) e approfondimento, guarda l'immagine qui a lato (se ci clicchi sopra si allarga). È la schermata di un aggregatore di feed, in pratica chiunque può raggruppare in una sola pagina le più recenti notizie dei siti che frequenta abitualmente. In questo modo non ha bisogno di saltare da un sito all'altro, il risparmio di tempo è enorme. Se un titolo interessa basta passarci su il mouse per leggere l'introduzione, se davvero interessa, si clicca e si va a leggere tutto. Io credo che qui a Monza ci siano tanti aggregatori (più o meno riusciti, più o meno efficaci), quel che manca è la pagina su cui andare a finire una volta cliccato.
Pubblicato da larivistachevorrei alle 10:59 0 commenti
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lunedì 14 gennaio 2008
Prima dell'alba, schiariamoci la voce
Da più parti mi sollecitate per fissare un incontro, per vederci, incontrarci per parlare a 4, 8, 16, 32... occhi di cosa e come fare. Aspetterei ancora un po'. Ci sono già un buon numero di "adesioni" e questo è molto incoraggiante, ma prima vorrei raccogliere ancora opinioni e proposte, qui. Sulle mie "5 W" e sull'ipotesi di una impostazione (stavolta non solo di finanziamento) simile a quella de lavoce.info.
Loro si occupano di economia e politica economica, noi potremmo occuparci anche di molto altro: «[...] cerchiamo di informare e di offrire uno strumento di approfondimento per chi non si accontenta del giudizio sommario e delle parole d'ordine. Una voce libera e indipendente. Informiamo e, soprattutto, proponiamo analisi indipendenti di fatti e notizie, con lo scopo di offrire un servizio utile a tutti coloro che accettano di misurarsi, senza pregiudizi, su questioni complesse. La nostra ambizione? Essere competenti nella critica, provocatori nei contenuti ed equilibrati nelle proposte. Vogliamo essere qualcosa che in Italia manca: una testata, che svolga la funzione di "watchdog", di cane da guardia, che valuti criticamente la politica economica, disinteressandosi dell'uso politico che può essere fatto di ciò che scrive. È un ruolo ambizioso ma non presuntuoso e, crediamo, importante. Soprattutto in un momento in cui ogni errore tecnico, ogni difetto di progettazione o ritardo ha costi molto elevati per il nostro paese.
Pubblicato da larivistachevorrei alle 12:29 0 commenti
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sabato 12 gennaio 2008
La Voce del padrone
Come si pagano le spese di un giornale? Esempi vicini e lontani ce ne sono tanti, dai "fantasmi" finanziati dallo Stato fino ai fogli elettorali, dai sandwich pubblicitari alle eccezioni come LaVoce.info
Esemplare anche per tanti altri aspetti, basta guardare la sezione "Cosa vogliamo" per diventarne ammiratori.
Mettiamo il naso nelle loro tasche.
Lavoce.info è online dal 2002 e scoprire come vive è molto semplice, basta leggere un articolo del luglio 2007 in cui si parla del rapporto con la carta stampata, degli obiettivi e delle fonti di finanziamento. È molto interessante, qui di seguito ampi stralci. I grassetti sono miei e chi sta seguendo questo blog ritroverà molti concetti già venuti a galla fra queste righe
Internet, la carta stampata e i nostri 5 anni 03.07.2007
[...] In effetti i giornali registrano ovunque, tranne in India e in Cina un calo di lettori, mentre la crescita di internet sembra inarrestabile. Ma è davvero colpa di Internet se i giornali perdono lettori? E può davvero il web sostituire la carta stampata?
Due mezzi complementari
La nostra esperienza suggerisce che Internet è molto più complementare alla carta stampata di quanto possa apparire a prima vista. Non serve solo ad offrire informazioni aggiornate in tempo reale. Serve anche ad offrire analisi e commenti supportati da collegamenti ai documenti originali. [...] Sempre che il giornale non rinunci mai alla sua funzione primaria di informare. C’è una deriva pericolosa al giornale tutto commento-poca notizia, per differenziarsi sia da Internet che dalla free press. [...] un sito open source, come il nostro, trova nella carta stampata, nelle radio e nelle televisioni che riprendono i testi apparsi sul sito un ulteriore moltiplicatore che gli permette di raggiungere anche lettori che non fanno regolarmente uso di Internet.
Insomma essere complementari a tutto beneficio dei lettori, ma questa complementarietà deve essere ricercata attivamente.
E’ più democratico Internet?
C’è un vantaggio di Internet rispetto alla carta stampata: quello di avere costi di gestione molto contenuti e di poter raggiungere una platea vastissima a costo zero. Il bilancio di un sito è generalmente molto più basso di quello di un giornale. [...] Ci può essere più democrazia su Internet. E più libertà di informazione.
Abbiamo in questi cinque anni cercato di beneficiare di questi vantaggi. Costruendo un sito diverso dai molti esistenti perché di commento e approfondimento, più che di aggiornamento sull’attualità on line. Crediamo infatti che il futuro su Internet sia un futuro in cui ci sarà più bisogno di selezionare le tante, forse troppe per certi aspetti, informazioni disponibili fra i milioni di siti accessibili
La nostra mission non è cambiata: vogliamo contribuire a migliorare la qualità dell’informazione economica, sfruttando le nostre competenze e la nostra indipendenza. Ci accorgiamo spesso di come vincolati siano altri mezzi di comunicazione nei loro giudizi e prese di posizione, per calcolo politico o interesse economico. E di come si possa comunque avere sempre il sospetto che la proprietà dei giornali incida sul commento. Il vantaggio di un sito operato gratuitamente da docenti universitari è nella sua indipendenza dai condizionamenti della proprietà. Il capitale di rischio de lavoce.info siamo noi stessi.
[...]
Nuovi obiettivi
In cinque anni siamo cresciuti: da poche migliaia di iscritti alla nostra newsletter a oltre 50mila [...]
Si tratta di numeri rilevanti per un’offerta editoriale come questa, anche rispetto a siti in lingua inglese che hanno potenzialmente un pubblico molto più vasto. Sono numeri raggiunti senza alcuna campagna pubblicitaria (non ne abbiamo i mezzi economici), ma grazie al passaparola di chi ci apprezza e alle citazioni che si fanno sempre più numerose sui giornali, in televisione e su altri siti internet. [...]
Chi ci finanzia?
Sin qui lavoce.info si è retta solo sul contributo dei lettori (che ci hanno dato più di 116.000 euro) e dei redattori che si sono autotassati e hanno destinato al sito i proventi di partecipazione a trasmissioni radiotelevisive ed eventi di vario genere.
Circa due terzi delle nostre uscite è destinato agli stipendi dei nostri poliedrici collaboratori di redazione che coordinano il lavoro tenendo i rapporti con redattori e collaboratori, con i media e con i lettori. [...] Per i nostri nuovi obiettivi, abbiamo bisogno di un budget di circa 100.000 euro, più di quanto possiamo realisticamente chiedere ogni anno ai nostri lettori. Per questo motivo [...] anche raggiunto accordi per remunerare interventi degli economisti de lavoce.info che loro stessi devolvono automaticamente al sito. Di tutte queste entrate daremo conto, come sempre.
Avremo comunque bisogno - come e più che in passato - dei contributi di voi lettori.
Il 4 luglio 2002 scrivevamo "Vogliamo essere competenti nella critica, provocatori nei contenuti ed equilibrati nelle proposte". La nostra credibilità è la nostra ragione d’essere. [...]
Pubblicato da larivistachevorrei alle 19:35 0 commenti
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giovedì 10 gennaio 2008
Le cinque W della rivista che vorrei
What / Cosa
Non una merce da vendere ma uno strumento. Il fine non è fare la rivista ma usare la rivista per analizzare quanto accade (e non accade) in questo territorio. Non fermarsi alla cronaca (cosa accade) ma provare a capire perchè accade, facendo indagine (che non significa intervistare tre quattro persone a caso per strada) e riflessione. Non aver paura di dire la propria, ai lettori viene data la libertà di leggere, pensare, rispondere.
Gli argomenti?
Il territorio, urbano ed extraurbano;
le culture, ovvero la capacità di capire il perchè di quanto accade;
la cittadinanza, ovvero i rapporti fra le persone e quanto gli vive intorno: le altre persone, le relazioni e gli istituti che le regolano (Affetti, Lavoro, Rappresentanza, Delega, Comune, Stato, Unione Europea...).
Why / Perchè
Perchè siamo sazi e disperati, sazi di informazioni e disperati di senso, sappiamo tutto quel che accade (o che conviene far sapere) e non sappiamo perchè accade. Inghiottiamo parole, immagini, suoni in quantità industriali e le digeriamo per far spazio alle altre immediatamente.
Perchè occorre capire oltre che sapere, altrimenti non si decide e non si incide la realtà. Cultura, non nozionismo.
Who / Chi
Chi ha voglia, forza, capacità di investire parte del proprio tempo e delle proprie energie. Scrivendo, fotografando, disegnando, filmando, raccontando. Lavorando in gruppo, partecipando alla gestione in prima persona. Condividendo la propria esperienza senza imporre o subire.
Per chi? per chi non si accontenta della superficie più o meno luccicante dell'informazione, per chi non si accontenta dell'involucro della realtà. Non per una scadenza elettorale ma per una visione civile, attenta alla qualità della vita e dell'ambiente e non solo alle finanze o al potere. Gli strumenti devono restare strumenti, il senso torni ad essere il fine.
Where / Dove
Una rivista non è ne' la carta ne' le schermate, sono i contenuti che riesce a produrre ed elaborare. Li puoi pubblicare dove vuoi e come puoi, ma prima la sostanza, poi la forma, di conseguenza. Un mensile e un indirizzo web, che sappiano essere curati, interessanti ma non noiosi, divertenti ma non stupidi. Si può fare, si può provare.
When / Quando
Dopo aver formato un gruppo di persone che si stimano e rispettano, che si riconoscono e che non si impongono a discapito del senso della rivista. L'esperienza dimostra che c'è chi è più portato a dividere che a unire, chi impone invece che condividere. Costoro vanno lasciati a sé perchè dimostrano di non andare da nessuna parte.
Individuare delle regole chiare e condivise, i momenti, i compiti e passare poi all'esecuzione, cercando i fondi e fissando gli obiettivi.
Alcune ipotesi di finanziamento ci sono, li state proponendo, ma questo viene dopo. Prima i contenuti e le persone con il desiderio. Adesso dimmi che ne pensi, cosa toglieresti? cosa aggiungeresti?
Pubblicato da larivistachevorrei alle 11:15 0 commenti
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Primo: empatia e rete
Anche Primo Casalini, il curatore di "Farfalle nella rete" e di "Abbracci e pop corn" dice la sua puntando forte sulla rete e su un gruppo affiatato che sappia anche escludere «perché la gioia massima di alcuni è vedere fallire il dirimpettaio, ma è inutile muoversi se non si fa così, il che vuol dire che sono necessarie le esclusioni e le inclusioni».
Nb I grassetti sono miei.
Caro Antonio,
ho letto con interesse alcuni interventi, in genere condivisibili, riguardo "Il giornale che vorrei" e per due motivi mi è venuta voglia di dire la mia.
Il primo motivo è che sono talmente impegnato in rete che non avrei tempo di partecipare ad altre iniziative oltre a quelle che svolgo, per ciò stesso posso scrivere con schiettezza quello che penso, senza nessun riposto pensiero, e di per sé è una soddisfazione.
Il secondo motivo è che l'esperienza di questo ultimo anno mi ha chiarito nei fatti molte cose che non sapevo e che forse non sono conosciute, credo quindi che dicendole potrei essere di qualche utilità.
1. Il teorema è la rete, la stampa è un corollario, non viceversa. Sempre più sarà così, anche se molti non se ne sono ancora accorti. Quindi, se rivista ha da essere, prima sia rivista in rete, poi su stampa, fra l'altro costa anche molto meno, ma questo non è comunque il motivo prevalente.
2. E' preferibile che ci sia un contatore Shinystat (meglio PRO che FREE) visitabile da chi viene nel sito o blog. Sembra un dettaglio ma non lo è: parlare di Visite e di Pagine Viste senza contatore aperto non va bene, toglie credibilità. Se gioco competitivo ha da essere (che è una bella cosa) si giochi con regole chiare: Visite, Pagine Viste e a che post sono andate le Visite. Chi viene nel blog deve essere messo in grado di verificare come stanno andando le cose. E' una scelta che paga, anche se si fatica a farla, ma non facendola si inquina tutto il resto. Il gioco è competitivo perché è come le medicine nella testa dei medici, che ce ne sono al massimo ottanta: una medicina che entra allontana una che esce, se un sito o blog viene visitato significa che un altro non lo è più (a parte la crescita della torta che aiuta, ma per la persona singola è così). So che questo ragionamento della competitività ripugna a molti, ma bisogna pur darlo, un motivo perché vadano a leggere la rivista in rete, e l'unico motivo che vedo è che il visitatore ne tragga valore aggiunto: le visite non arrivano da sole, vanno conquistate. Non è una banalità, perché spesso si presume che per il solo motivo che hai scritto qualcuno ti legga. Ciò significa qualità: c'è chi riesce a darla chi no, chi si pone continuamente il problema, chi lo ignora, forse perché gli conviene ignorarlo. E' meglio non fare finta che questi problemi non ci siano.
3. Ho letto che dovrebbe essere una rivista on line che riguardi Monza e non la Brianza. Questo mi ha fatto venire in mente l'antico Dazio. In rete, per fortuna, palizzate non ci sono, il che non vuol certo dire che non bisogna essere specifici e concreti, ma se si scrive qualcosa sugli affreschi degli Zavattari, sull'Autodromo, sulla Villa Reale, va scritto come se lo leggesse uno statunitense o uno spagnolo, altro che Brianza! Difatti arrivano, e con richieste mirate. Va evitato un cosmopolitismo generico e senza radici, ma soprattutto vanno evitate le batracomiomachie localistiche di basso conio che ogni tanto succedono. Lo sappiamo tutti che ci sono e quelle sotterranee sono le peggiori.
4. In Brianza esistono almeno dieci validi blog con buone visite. E' meglio sentire la loro opinione e conoscere l'ottimo lavoro che stanno facendo. Il loro parere può esservi utile perché intessuto di esperienza misurata sul campo.
5. La discussione fittizia è: sito o blog? Sono solo due modalità di software diverse (software realizzato ad hoc o software predisposto), quello che conta è ciò che si vuol fare ed un blog di oggi (Blogger o Splinder, ad esempio) basta ed avanza alle vostre esigenze e sempre di più sarà in futuro: costa molto meno, è più facilmente agibile, pure più friendly, che è importante.
6. Basterebbe che un piccolo gruppo (cinque/dieci persone, non di più) di gente a livello partisse con un progetto condiviso e con una situazione di stima e di empatia fra le persone, ognuna delle quali si deve attenere al filo rosso delle cose che sa, ma è qui che nasce il problema, perché a forza di discutere si finisce col dentro tutti, todos caballeros. Mentre sono essenziali il rispetto di una soglia di qualità nella scrittura, una dialettica però di tipo empatico, e soprattutto il senso di un progetto comune. Altrimenti, come dice un mio amico, in pochi mesi finisce a pietrate. Questo è il punto più difficile, perché la gioia massima di alcuni è vedere fallire il dirimpettaio, ma è inutile muoversi se non si fa così, il che vuol dire che sono necessarie le esclusioni e le inclusioni: sorgono due, tre, quattro riviste in rete? Nessun problema, chi ha più filo tesserà la tela, gli altri smetteranno. Il Festivaletteratura di Mantova è nato da qualche chiacchierata serotina di nove amici, ed adesso arrivano da tutto il mondo, proprio perché c'era un progetto comune che si basava su una empatia intelligente.
7. Sarebbe quindi utile costituire un multiblog, cioè un blog in cui ci siano diversi contributori autonomi (guest), non uno solo che pubblica i suoi post e gli altri commentano. Noi con "Abbracci e pop corn" in questi dieci mesi abbiamo seguito questa strada, che è semplice ma anche difficile e ne siamo soddisfatti, sia come rapporto personale fra i vari guest sia come numero di Visite e Pagine viste: il record Visite è 385 (3 gennaio), il record Pagine Viste è 1211 (2 gennaio), il rank è 16. Scusate la numerologia, ma i blog si pesano.
8. Ho scelto la chiarezza col rischio di parere brutale e saccente, ma qui a Monza lo spazio per una ottima rivista in rete c'è, solo che bisogna coglierlo sapendo e rispettando le regole, e con i birignao si perde tempo e non si va da nessuna parte. Occorre innescare un circolo virtuoso di un gruppo non grande, qualificato, sintonizzato e curioso. Dimenticavo: uomini e donne, è indispensabile.
grazie per lo spazio
Primo Casalini
Che dire? Primo ha le idee chiare, forse più di me che ancora non sono così sicuro che ci sia la rete prima di tutto. Condivido quasi tutto ma una più delle altre, la necessità di formare un gruppo di lavoro che sappia elaborare collettivamente il percorso della rivista, individuare i temi, sviscerarli ed esporli mettendosi a confronto con i lettori, apertamente. La gestione non può essere riservata ad una sola persona e neanche a troppe. Le perplessità invece le ho per quel che riguarda l'idea di "multiblog" dove ognuno va per conto suo, massima indipendenza e rispetto reciproco mantenendosi però su un sentiero comune e condiviso, sennò si fa un magazine. Grazie Primo.
Pubblicato da larivistachevorrei alle 09:16 9 commenti
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mercoledì 9 gennaio 2008
Il territorio e chi tenta di difenderlo
La voce gira, il passaparola funziona. Così Alfio Sironi accoglie l'invito e sul suo blog rilancia il mio appello. Ecco parte del suo intervento.
Nb I grassetti sono miei.
Il progetto non è male: di editoria non ne so nulla, immagino solo a fatica cosa comporti mettere in piedi una “rivista” o simili, per questo vorrei attenermi alla realtà a me più vicina. Come commentatore dilettante, come cittadino, come studente e come mezzo-articolista posso dire che la creazione di una rivista di approfondimento mi sembra un’idea valida se pensata all’interno di un contesto sinergico e se ispirata ad alti valori.
Nel monzese e in Brianza ci sono moltissime testate on-line, quotidiani, giornali, ma tutti si limitano alla cronaca, gli esempi di grande tendenza sembrano i celebri “Metro” e “City”: notizie leggere, brevi, facilmente appetibili, approccio rigorosamente comportamentista, descrizione dell’evidente, punto e stop. Questo mal si concilia con le tematiche ambientali/territoriali che, mai come ora, chiedono una riflessione - pensiero e ripensamento - un’analisi critica. Se proprio si volesse una nuova rivista, essa dovrebbe rappresentare uno spazio dedicato all’analisi accurata dei problemi, alla riflessione sulle tematiche che meritano qualche minuto del nostro tempo, prezioso e sempre di meno. Una rivista di questo tipo, inoltre, si proporrebbe come strumento coerentemente inseribile nel progetto auspicato dall’Associazione Parchi del Vimercatese riguardo la possibilità di formare un coordinamento territoriale tra le diverse associazioni che si occupano di ambiente, paesaggio e cultura locale. Porprio Pino Timpani – presidente della suddetta associazione - ha più volte sottolineato l’importanza di unirsi e condurre un’azione sinergica, in modo tale da acquisire una certa rilevanza politica e contrastare più efficacemente quel partito del cemento che lavora a tempo pieno, spesso senza scrupoli e senza perizia.
In un simile quadro di unione, la rivista diverrebbe un utile collante per l’azione delle varie associazioni e non solo, uno strumento di condivisione e costruzione, uno spazio di discussione aperto agli stimoli esterni. Come per ogni progetto è facile parlare a priori e dare sfoggio alle proprie ambizioni e velleità, le variabili da discutere sono molteplici (modi, tempi, forme, linee editoriali), le difficoltà sono innumerevoli, ma mi pare che nell’ambiente ci siano esperienza, uomini e menti tali da poterci provare, anche con margini di ragionevolezza.
Che posso dire? Da principiante - appassionato sarei ben lieto di poter prestare il mio piccolo contributo.
Ringrazio Alfio per l'attenzione che presta a questa discussione. Come scrivevo, penso che sia proprio il territorio uno dei principali argomenti che la mia rivista ideale dovrebbe affrontare. Se nella discussione fossero coinvolte le associazioni e le persone che in quel settore sono attive penso che sarebbe un'ottima opportunità. Parliamone.
Pubblicato da larivistachevorrei alle 19:39 0 commenti
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La gente pensa, ragiona e risponde.
Pasquale Cicchetti (Oneiros) è uno studente di cinema neolaureato conosciuto sulle pagine di Monza la città; per me una sorpresa molto positiva. Ha accolto l'invito e ha commentato il mio appello. Trovo il suo intervento molto interessante, quindi lo metto qui in evidenza.
Come al solito, i grassetti sono miei.
Per prima cosa, credo sia onesto precisare che sono l'ultimo arrivato. Alle mie spalle non c'è né mestiere, né esperienza, né militanza, se escludiamo i cinque anni spesi nella trincea liceale di piazza Trento e Trieste. Perciò prendi le mie considerazioni per quello che sono: opinioni buttate giù ascoltando Joan Baez.
Il giornale che vorrei assomiglia molto a quello che descrivi tu, anche se probabilmente la mia immaginazione grafica è meno precisa: con qualche coloritura pastello, à la Linus dei primi anni, per capirci.
Terrei quindi come riferimento i cinque punti di Vittone, per quanto la sua idea dell'imparziale concerto dei savi mi convinca poco: come tu stesso hai scritto domenica, la politica è uno strumento con cui affrontare argomenti, e - aggiungo io - decodificarli, farne problema, riconoscerne le matrici sociali e culturali.
Un lavoro di questo tipo si pone fuori dal problema dell'equa ripartizione delle teste, soprattutto se - sono molto d'accordo con te su questo punto - consideriamo la realtà dei network sociali per come si sono sviluppati oggi. L'idea di dover sempre opporre il nero al rosso e il rosso al nero, altrimenti si plagia la gente, mi ha stancato. La gente pensa, ragiona: oggi può anche prendere parola e rispondere. L'emancipazione dei media passa anche da qui, non credi?
Metterei quindi da parte tutto il filone del discorso che guarda alla forma quotidiano, le cui analisi - condivisibili - tirano verso un'area di professionalismo e di cronaca quotidiana che rispetto, ma che sono altra cosa da quello che stiamo discutendo.
Terrei buona invece l'osservazione di Mojoli: qualla di fare rete, oggi, è una necessità. Lo impone, per così dire, l'organizzazione spaziale del sistema. Certo, occorre prima crearsi un'identità riconoscibile, una ragione: e qui recuperiamo le tre domande di Arcari, che riformulo così: quale identità dare a questa rivista?
La questione rimane aperta. Probabilmente, dovrebbe rispondere chi conosce questa terra e la sua gente meglio del sottoscritto. Ma non voglio essere vigliacco, per cui mi butto: io vorrei leggere una rivista sferzante, lucida, acuta, capace di leggere la realtà applicandole paradigmi culturali moderni, consapevolmente europea, aperta al dibattito e alla critica. Niente cronaca e niente politica da conferenza stampa, ma l'occhio attento alla società civile, se ancora esiste.
Ben vengano quindi gli interventi autorevoli, purché dibattuti e non semplicemente accolti. Anche sulla redazione stabile sarei d'accordo, ma sulle implicazioni finanziarie di queste scelte sono poco competente, e mi fermo.
Pubblicato da larivistachevorrei alle 15:30 0 commenti
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L'uovo di Colombo
L'umorismo di Alberto Colombo è delizioso. Ricordo anni fa uno scambio di battute sulla mailing list di Domeus a proposito delle ragazze con la pancia e tutto il resto in bella vista. Ecco cosa scrive in risposta alle mie sollecitazioni:
ma siamo proprio sicuri
che vogliamo un giornale?
perché non una radio locale,
24 ore di musica
interrotte da due notiziari,
oppure legata a un network come radiopop o simili?
e se poi funziona,
dopo qualche anno,
una televisione vera
con le ragazzette oh yè!
Pubblicato da larivistachevorrei alle 09:58 1 commenti
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Un salto in edicola
Nei giorni scorsi abbiamo visto quel che a Monza si è fatto in passato (e si fa) per l'informazione in area Centrosinista con l'Arengario e con Domani. Giornali gratuiti che non vengono più stampati da molto tempo. Per capire cosa c'è invece in edicola attualmente ci viene in aiuto lo stesso Carlo Arcari con un divertente (e per certi versi inquietante) ritratto dei giornali "storici" monzesi pubblicato sulla mailing list Monza Domeus che riporto in parte qui sotto. Arcari, infine, torna sui suoi passi e non si ritira dalla nostra discussione, rilanciando le sue tre domande riguardo la mia ipotesi di una nuova rivista: perché? per ottenere cosa? per chi?
Le mie tre risposte le scrivo nel prossimo post, aspetto le tue, a queste e a tutte le altre domande. Che aspetti?
Nb i grassetti sono miei
[...] Analizziamo sommariamente i tre periodici: il Cittadino, l'Esagono e Il Giornale di Monza. Il primo nato un secolo fa ha conservato e forse accentuato nel tempo e i contenuti di un settimanale che guarda alla realtà con lo sguardo di un parroco di campagna. Oggi la sua identità è quella di un periodico diocesiano che riporta le notizie provenienti da una comunità ecclesiale e il livello dei commenti del suo direttore è quello di una soporifera predica domenicale. Il secondo è uno storico settimanale sportivo brianzolo nato negli anni 60. Lo zoccolo duro dei suoi lettori è interessato soprattutto alle notizie che provengono dal mondo dell'agonismo locale e il recente rilancio (affidato a un direttore come Marco Pirola che vi ha riversato la sua esperienza di cronista politico) ne ha fatto un mezzo che fatica ancora a trovare una forma precisa. Alla tradizionale sezione sportiva del giornale egli ha aggiunto un "primo piano" di gossip politico monzese (soprattutto di centrodestra) e un ricco, ma dispersivo notiziario locale. Il terzo settimanale ha fatto invece da sempre la scelta della cronaca nera per raccontare la realtà monzese, il suo notiziario è quasi totalmente costituito da questo tipo di notizie e lo spazio di commento è praticamente inesistente. Complessivamente l'immagine riflessa della realtà monzese e brianzola da questi tre mezzi è "vecchia", nel senso di "datata", molto parziale e di basso profilo. Non c'è dibattito, non c'è analisi, non c'è confronto di idee e commento. Soprattutto non c'è inchiesta che spieghi al lettore cosa sono questa città e la sua società. Se uno straniero (italiano intendo) li dovesse leggere per farsi un'idea della Monza o della Brianza, che tipo di opinione si farebbe di questa città e di questo territorio? Certo molto lontana dalla realtà. C'è spazio dunque per un mezzo di informazione e comunicazione nuovo, che dia le notizie che questi giornali non danno e non daranno mai perché non le riconoscono come tali, che offra ai lettori un dibattito sull'attualità che oggi non fa nessuno e che proponga un commento diverso nel linguaggio e nei contenuti da quello che oggi passa il convento, anzi la parrocchia, del Cittadino. Ad assumere questa mission non può essere che l'espressione "professionale" di quella parte sociale e politica di città che è cosciente della realtà di cui sopra, che sente l'esigenza anzi l'obbligo (pena il rassegnarsi a vivere altri dieci anni governati dalla parrocchietta leghista oggi al potere) di esprimere una diversa visione del futuro di Monza e della Brianza. Ma quale visione? Ecco il punto sul quale bisognerebbe discutere seriamente e che invece tutti scantonano, cominciando uno a discutere della forma del giornale da fare, l'altro delle idee che dovranno avere in comune i futuri redattori, l'altro del cosa non vogliamo essere, ecc. Io che invece sono convinto del fatto che un giornale (o rivista) è prima di tutto un mezzo e non un fine, ho proposto di cominciare a discutere partendo da queste tre domande: perché? per ottenere cosa? per chi? Nessuno per ora ha risposto, ma senza queste risposte, temo, non si andrà da nessuna parte o si farà poca strada. Come è sempre puntualmente avvenuto finora. In conclusione a mio avviso gli elementi fondamentali che bisogna definire e condividere tra i cittadini della "Città Possibile" che si vogliono dare uno strumento di comunicazione all’altezza della sfida e affrontare questa impresa con un minimo di possibilità di riuscita, sono: 1) obiettivi (culturali e politici), pubblico (lettori, società), risorse (economiche e professionali). Il progetto editoriale, come la musica nelle opere, verrà.
Pubblicato da larivistachevorrei alle 09:20 0 commenti
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lunedì 7 gennaio 2008
Le donne di Casablanca
A Catania c'è "Casablanca". Lo scopro oggi. Lo gestiscono in prevalenza delle donne (e già questa è una gran bella notizia) e si presenta così:
«un'iniziativa editoriale al femminile, non preclusa alla collaborazione degli uomini, che possono anche svolgere incarichi di rilievo all'interno della struttura, ma caratterizzata da una partecipazione maggioritaria di donne, con l'inclinazione e la sensibilità che ne consegue;
• un'iniziativa libera anche negli strumenti : il “lavoro di cucina” (cioè la lavorazione dei prodotti editoriali) si svolge appoggiandosi esclusivamente sul software libero, principalmente su sistemi GNU/Linux. Questo sia per ragioni tecniche (il software libero è ritenuto più affidabile di quello commerciale), sia perché si segue la filosofia della condivisione delle idee e della conoscenza;
• un'iniziativa con una forte carica etica : l'idea di lanciare un'iniziativa d'avanguardia in un territorio come la Sicilia e Catania in particolare non è casuale.
Scarichiamo la rivista (tutti i numeri sono disponibili gratis in pdf) e vediamo di imparare qualcosa anche oggi. Basterebbe anche solo questa frase di Giuseppe Fava: «A che serve vivere, se non c’è il coraggio di lottare?»
Pubblicato da larivistachevorrei alle 17:24 0 commenti
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domenica 6 gennaio 2008
Di cosa parla una rivista?
Di che cosa dovrebbe parlare la nostra ipotetica rivista? Probabilmente è più facile dire di cosa non dovrebbe, un paio di argomenti da evitare facili da individuare sono la cronachetta innanzitutto (cioè il rumore di fondo quotidiano che riempie giornali e tivù rincorrendo finte emergenze per nascondere le questioni reali e importanti) e la politica delle conferenze stampa, quei monologhi di personaggi di dubbio spessore culturale e morale riportati dai giornalisti-zerbino, che è poi la politica tout court per come viene intesa comunemente dagli uffici stampa travestiti da giornali. La politica non è un argomento, è uno strumento con cui si dovrebbero affrontare degli argomenti, o sbaglio?
Proviamo ad elencare invece i campi di azione. Ne propongo tre, per ora:
- Territorio, ovvero della prima e più importante delle risorse irriproducibili, altro che petrolio! Quello ipercementificato di Monza e quel che resta da difendere. Magari con un occhio a quello che altrove, vicino e lontano, fanno per non distruggerlo e per valorizzarlo.
- Culture. Cioè della capacità degli uomini di comprendere perchè le cose accadono, scavando oltre la cronologia degli avvenimenti. La cronaca mangia se stessa, la cultura genera cultura.
- Cittadinanza. Ovvero del rapporto dei singoli con quanto gli sta intorno: altri singoli, entità collettive, altri paesi, l'Europa. Chi e come vive la città, da dove viene e dove va.
A me sembra già tantissimo ma sono sicuro che tu che leggi saprai segnalare molto altro ancora, tanti altri orizzonti che sui giornali che trovi in circolazione vengono affrontati senza andare in profondità o non vengono affrontati proprio. Scrivi, parliamone.
Pubblicato da larivistachevorrei alle 23:33 1 commenti
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venerdì 4 gennaio 2008
Una rivista a cinque punti
Carlo Vittone, docente e micro-editore, accoglie l'invito ed espone il suo punto di vista, anzi i suoi 5 punti di vista.
Caro Antonio, non è che l'argomento, detto con franchezza, mi attizzi più di tanto. Però, se ciò dovesse succedere, vorrei fissare alcuni paletti che ritengo necessari
Sul primo punto mi pare di aver già scritto, sono perfettamente d'accordo.
Sul 2 c'è da capire. Io non sono fra quelli che dividono il mondo fra Centrodestra e Centrosinistra, però ho difficoltà a confondere chi crede che il 4 novembre si possa rendere onore ai caduti per la libertà e quelli che pensano di inchinarsi davanti ad un fascista senza fare una piega. E questo prima o poi c'entra, certo che c'entra.
Il territorio di riferimento io lo vedo sempre e solo come un punto di partenza per discutere e capire il futuro, senza rinchiudersi entro le mura (detto da uno nato ad Altamura poi...) e senza perdersi dietro l'esotismo.
Sul 4 e 5, le forme di finanziamento possibili non sono molte ma l'investimento in prima persona (di energia e impegno più che di soldi) è imprescindibile.
E tu che leggi non dici nulla?
Pubblicato da larivistachevorrei alle 13:43 0 commenti
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mercoledì 2 gennaio 2008
Quel che non ha prezzo.
È capitato che parlando dell'idea di creare una rivista a Monza con i giornalisti di "professione", appena pronunciata la parola magica "volontariato" il dialogo sia diventato un monologo. Capisco che ogni mestiere è mestiere e vada retribuito (chi lo mette in dubbio?), altra cosa è la possibilità di ragionare su un bene "sensibile" come l'informazione senza scartare a priori l'ipotesi di lavorarci contribuendo, investendo del proprio. O ci metti il grano o ci metti il lavoro se vuoi che lo strumento sia anche tuo. Altrimenti lavori per altri e quegli altri hanno tutto il diritto di decidere quel che vogliono: loro investono, loro decidono.
Confondere poi il gratuito con il velleitarismo mi sembra, nel 2008, davvero un errore di miopia, soprattutto se si sta discutendo utilizzando una piattaforma come Blogger. Che è gratuita.
Il gratuito e la ricerca della felicità, ovvero la soddisfazione di fare qualcosa non solo per ricavarne denaro ma per dare un senso condiviso al proprio operare, non sono una mia ingenua chiave di lettura. Ecco un passaggio di Luca De Biase in proposito. Egli è il curatore di Nova24, il supplemento scienza, tecnologia e innovazione del Sole 24 ore. Notoriamente giornale di giovinastri velleitari.
NB I grassetti sono miei.
3. Il gratuito e la qualità
[...] Le nuove ricerche economiche stanno dimostrando che la crescita non è sempre ciò che rende felici le popolazioni e che anzi avviene a scapito di quello che rende felici: sostituisce le relazioni di fiducia, le amicizie, le solidarietà con altre relazioni basate sulla moneta e l'interesse.
La dimensione del gratuito è invece enormentemente importante. Una volta superata la soglia della sopravvivenza, la qualità della vita dipende essenzialmente da cose gratuite. Che non sono solo oggetti che non costano nulla, anzi. Il gratuito è anche - e spesso soprattutto - un attributo di beni e relazioni che invece possono avere anche un prezzo: la motivazione professionale di chi lavora è un attributo gratuito di una relazione che invece è strettamente monetaria, ma cambia la qualità di tutto.
Quello che emerge dai blog e dalle altre forme di ricerca collaborativa non è un insieme di relazioni che non costano nulla: ma il loro significato vero deriva dalla voglia di ognuno di donare alla rete una parte del suo tempo e delle sue idee per riceverne un arricchimento che nessuna quantità di denaro potrà mai pagare.
Si ha l'impressione che questa dimensione del gratuito vada ripensata e reinserita nei gangli fondamentali della ricerca economica. L'economia della felicità, la fine dell'idea dello homo oeconomicus, introduzione dell'analisi degli obiettivi nella ricerca economica accanto alla ricerca sulle risorse, sono segnali deboli di un bisogno profondo. Non esisteva la "nuova economia" di speculativa origine; ma di certo c'è bisogno di un'economia nuova. Questo libro cerca di darne conto.
Pubblicato da larivistachevorrei alle 18:24 1 commenti
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Giornalismo senza ammmore
Mentre continuano ad arrivare opinioni e proposte (poche ma interessanti), proviamo a capire come e cosa dovrebbe essere la rivista che vorremmo?
Comincio io con un paio di desideri. Vorrei una rivista su cui scrive chi ha voglia di farlo davvero, chi ne ha desiderio, chi ne ha il bisogno. Persone che abbiano voglia di narrare la città e il territorio non perchè gli porti in tasca qualche manciata d'euro.
Per il giornalismo senza amore ci sono già i tanti viali dell'informazione, quotidiani, settimanali, mensili, tivù eccetera.
La logica del volontariato. Investire parte del proprio tempo, parte delle proprie energie per costruire delle pagine in cui riconoscersi, su cui studiare, ricercare e confrontarsi. Come punto di partenza ovvio. Se una rivista è fatta con passione è più probabile che riesca più interessante, per chi la legge e per chi può usarla come mezzo pubblicitario.
Carta Libera era una piccola testata nata nel deserto dell'entroterra barese. Per cinque anni è stata un laboratorio di idee, esperimenti, proposte, critiche. Gestito in completa autonomia da chi ci scriveva, molti giovani e giovanissimi, qualche attempato signore. Per cinque anni ci facemmo un mazzo così, ci scontrammo tante volte, ma soprattutto ci divertimmo tantissimo. E tutto quello che c'era bisogno di dire e scrivere lo dicemmo e lo scrivemmo.
Il secondo desiderio è questo: vorrei una rivista che non dipenda da alcuna scadenza elettorale. Anzi di più, vorrei una rivista che non dipenda proprio dal sistema politico tradizionale (e neppure da quello economico). Capace di dialogare con essi ma soprattutto di non subirli. Schiena dritta santo cielo!
Che non sia in balia della logica dello schieramento, anche perchè gli schieramenti o sono troppo larghi o sono troppo stretti. Non credo alle menate dell'obiettività, anzi in genere mi danno fastidio perchè nascondono ipocrisie e banalità da salottino, ma non credo neppure alle menate da partito preso.
Non c'è bisogno di essere uno "del mestiere" per aver voglia di un giornale "alternativo" e poter dire, qui, come lo vorresti. Tu che desiderio hai?
Scrivi un commento oppure manda una e-mail a ilgiornalechevorrei@gmail.com
Pubblicato da larivistachevorrei alle 10:55 3 commenti
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