Ieri, prima dell'intervento di Majoli, sono arrivate due sollecitazioni molto giuste.
La prima, di Carlo Arcari, mi spinge a porre al centro della discussione alcune domande. Semplici ed essenziali come piace a me:
Perché dovrebbe nascere un nuovo giornale in Brianza?
Se il giornale è un mezzo, qual è l'obiettivo?
Chi è il committente?
Chi è il lettore?
La seconda sollecitazione già risponde in parte a queste domande. Pino Timpa scrive: «[...] penso che abbiamo anche bisogno di un giornale locale ad alta diffusione, accettato e digerito allo stesso livello di Il Cittadino, per fare un’esempio: un La Repubblica locale, laddove sottindendo l’operazione inventata da un gruppo imprenditoriale degli anni ’70, per togliere l’egemonia al Corriere della Sera e tirare a sinistra l’opinione pubblica».
Carlo e Pino parlano di un qualcosa molto diverso da quello che aleggia nella mia mente, che resta una rivista di approfondimento. Pino parla apertamente di un contraltare al "Cittadino". Quella seconda campana che avevo pensato per la campagna pubblicitaria di "Monza la città" circa un anno fa.
Ecco, prima o poi sarà il caso di parlare anche di "Monza la città". Prometto di non sottrarmi alla discussione anche se sono parte in causa. Ma per il momento aspetto il tuo parere sulle domande di Carlo e sulle idee di Pino. E non tralasciamo la proposta di Giorgio.
lunedì 31 dicembre 2007
La domanda giusta è
Pubblicato da larivistachevorrei alle 08:48 1 commenti
La colla di Giorgio.
"Non è un nuovo giornale quello che serve, occorre mettere insieme quelli che ci sono già". Questo in sintesi il parere di Giorgio Majoli. I pezzi ci sono, ci vuole la colla per metterli insieme. È un'idea importante che va a scontrarsi, principalmente, con il più grande fra i difetti che la sinistra ha nel suo DNA, qui a Monza come da qualsiasi altra parte, quella di dividersi invece che di unirsi.
Per ora il mio parere a riguardo non lo esprimo. Aspetto prima quello di te che leggi.
Caro Antonio, forse la domanda dovresti rivolgerla a te stesso. Se questa che stai facendo è un’indagine di mercato, non credo sia sufficiente per capire quale “giornale” sia meglio fare. Se invece è un semplice scambio di opinioni tra quelli che potremmo chiamare “addetti ai lavori”, probabilmente non è comunque abbastanza significativo. La vera domanda che a mio parere va posta è: “un giornale, per quale scopo?” e non “come lo vorreste?”. Dato per scontato che tutti vogliono fare una cosa che abbia un qualche successo (editoriale, economico, politico, informativo,ecc.) si tratta di scegliere tra queste opzioni. Se il numero dei contatti fossero l’obiettivo basterebbe forse fare un sito porno o di incontri amorosi a Monza (forse già esiste…); se fosse quello informativo dovrebbe battere la concorrenza della carta stampata, se questo è possibile (non tutti navigano, sempre). In realtà lo devi sapere Tu che tipo di “informazione” vuoi dare. Solo la motivazione (tua e di altri che la condividano) è la molla potente per “sfondare”. Detto questo vorrei comunque dare un mio piccolo contributo alla Tua domanda. A mio modo di vedere dovrebbe essere un “giornale politico”, in senso lato (per e della “polis”), capace cioè di stimolare la pubblica amministrazione e le istituzioni. Dovrebbe superare il fatto di uscire solo per il periodo elettorale ed essere possibilmente libero anche da condizionamenti economici, anche se non so se questo sia possibile. Io penso di sì perché ritengo, come dicevo, che le motivazioni non economiche siano quelle che muovono e cambiano il mondo. Si tratta di scegliere. A questo punto verrebbe comunque da chiedersi perché fare un altro e diverso giornale e non perché ed invece unire sforzi comuni. Anche se, molto spesso, rancori personali ed alcune visioni del mondo dividono, almeno tra coloro che hanno modi di pensare simili, è possibile costruire qualcosa insieme. Basta avere chiaro l’obiettivo. Certo il compito di tenere uniti è più difficile che correre divisi, ma varrebbe la pena tentare. Esistono già Arengario e Forum Monza: perché non farne un grande progetto editoriale comune ? Le forze ci sono ed io credo molto di più nel volontariato (anche diverso nelle opinioni e nelle azioni) che non nel “mercenariato”. Quel mondo civile "senza scopo di lucro" è molto più esteso di quanto si pensi (anche a Monza) e molti di noi lo agiscono da decenni senza voler in cambio nulla se non la possibilità di potersi esprimere liberamente ed altrettanto liberamente confrontare ed agire in campi anche diversi. Anzi direi che meno soldi ci sono, meno divisioni si hanno. Questo dicono tutte le statistiche persino nel campo del lavoro. Potresti quindi promuovere un incontro tra le due testate e tra tutti quelli che ad esse partecipano e collaborano per verificare se esistono le condizioni per poterslo fare. L’obiettivo comune? Cambiare le cose, facendo partecipare tutti. Utopia? Non credo. Un “altro giornale” è possibile: basta volerlo. Potresti tentare invitando tutti.
Pubblicato da larivistachevorrei alle 08:36 0 commenti
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domenica 30 dicembre 2007
It's time.
Ricorderai forse che circa un anno fa Time dichiarò personaggio dell'anno 2006 "You" ovvero chiunque sia protagonista della "rivoluzione" della rete partecipata, cioè chiunque si fa parte attiva di un modo di comunicare orizzontale, diversissimo da quello tipo "broadcast" in cui chi informa è uno (una testata, una televisione, una radio) e agli altri non resta che leggere, guardare, ascoltare.
Questo tipo di comunicazione (e informazione) mette in crisi molti "orticelli" e "orticelloni": tante trombette e tanti tromboni abituati a sacramentare indisturbati dagli schermi (e dalle prime pagine) non concepiscono la novità di poter essere messi in discussione da chiunque. Sui giornali la voce dei lettori è storicamente relegata nello stanzino delle lettere, in cui il Signore del feudo concede ai suoi vassalli di dire la propria; in televisione questa possibilità proprio non esiste (lì si può solo tentare di indovinare quanti fagioli ci sono nel vasetto). Per la televisione vali solo come frazione infinitesimale di quei "milioni" che guardano un canale invece che un altro.
Io credo che, piaccia o no, questo nuovo modo di comunicare (libertario? democratico? casinaro?) sia inevitabilmente nel nostro futuro, e in quello di qualsiasi ipotesi di giornale o rivista che voglia narrare il quotidiano, figuriamoci il futuro.
Ciò non toglie che la qualità del lavoro di un serio professionista come quella di una redazione scrupolosa resti un bene prezioso che da un bacino allargato, come quello dei cosiddetti network sociali, non possa che trarre beneficio e linfa vitale. È tempo che anche Monza se ne renda conto.
Pubblicato da larivistachevorrei alle 19:48 0 commenti
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Il sole d'inverno.
Di informazione parla l'ultimo numero, online, di Golem l'indispensabile. Copioincollo qui un passaggio illuminante dell'intervento di Gianni Barbacetto, un fantasioso dialogo fra un islandese e un lettore italiano. Golem si conferma una pietra molto preziosa. E gratuita.
[...] Islandese. Sì. Le notizie circolano. In effetti, ci sono tanti giornali, tanti libri... Ma so che il 70 per cento degli italiani s’informa esclusivamente attraverso la televisione...
Lettore.Ma la tv è piena di talk show, dove opinioni opposte si contrappongono. Non è pluralismo, questo? Non è democrazia?
Islandese. Pluralismo? Le opinioni contrapposte non possono sostituire la realtà. Non possono surrogare i fatti. Nei talk show vince chi dice una cosa nel modo più efficace: non importa che sia anche vera. La tv dovrebbe invece mostrare le persone, i fatti, i problemi, i fenomeni... Lo fa raramente. Più spesso, mette in scena teatrini in cui tutto è discutibile, tutto è opinabile. Una falsità ben raccontata, strizzando l’occhio allo spettatore, è più efficace di una verità detta senza istrionismi. Certo, è molto “democratico” dare la parola a chi dice che c’è bel tempo e poi anche a chi dice che piove. Ma è più sicuro aprire la finestra e guardar fuori.
Lettore. Forse in Islanda va così. Da noi anche il tempo è opinabile. Certo che in una cosa hai ragione, nella nostra tv e nei nostri giornali ci sono tante interviste, ma poche domande. Di solito gli intervistati si scelgono gli intervistatori. Si fanno “cucire addosso” l’intervista come un vestito di sartoria. Bandite le domande scomode, o semplicemente sgradite: ai politici, ma anche agli imprenditori, ai banchieri, perfino agli attori e ai cantanti.
Islandese. Come mai può succedere questo?
Lettore. Perché il giornalismo, o almeno il giornalismo politico, da noi è un sottoinsieme della politica. Molti politici sono giornalisti e molti giornalisti finiscono in politica. A seguire il leader di un partito, i giornali mandano non il cronista più agguerrito, ma un giornalista che diventa una specie di ufficiale di collegamento tra il giornale e quel leader e quel partito. Più in generale, non c’è coraggio nei confronti dei potenti, siano politici o banchieri, imprenditori o immobiliaristi, padroni del calcio o grandi inserzionisti della moda.
Pubblicato da larivistachevorrei alle 10:26 0 commenti
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sabato 29 dicembre 2007
Undici anni fa.
Visto quel che è stato "Domani", vediamo ora cosa è stato ed è un altro giornale nato in area Centrosinistra, "l'Arengario". Anche qui con l'aiuto di colui che oggi ne cura l'edizione online, Franco Isman.
Quando e come nacque "l'Arengario"? di chi fu l'idea?
Il mensile (circa) cartaceo fu depositato al Tribunale di Monza nell’aprile 1996.
Era espressione dell’omonima associazione di cui presidente e animatore era Edoardo Bonanno, per statuto dell’associazione operava nell’ambito del centro sinistra.
Come fu accolto in città?
Si può affermare che copriva un vuoto e fu quindi accolto con interesse e simpatia.
Chi ci scriveva e chi ci scrive e come è stato "coinvolto"?
Franco Achille, Paolo Avesani, Luigi Bona, Edoardo Bonanno, Paolo Confalonieri, Edo Melzi, Piero Dentella, Massimo Garilli, Valerio Imperatori, Sandro Invidia, Franco Isman, Rosario Montalbano, Giuseppe Poliani, Pasquale Scalambrino, Edilio Scarno ed altri appartenenti all’associazione.
Chi lo edita? Come era ed è finanziato?
Abbiamo formalmente un editore che ci fa la cortesia di gestire la parte amministrativa e fiscale (fatture): la LIBRA scrl. Quanto al finanziamento ne scrivo dopo.
Quando era anche un giornale di carta, quante copie tirava e quante ne vendeva?
20.000 copie, negli ultimi tempi scese a 15.000, distribuite gratuitamente in parte (modesta) mediante volantinaggio all’Arengario durante il primo week-end dopo l’uscita, presso alcune edicole e con distribuzione nelle caselle della posta, con rotazione delle zone di distribuzione.
Si campava con le inserzioni: un primo esempio di free press.
Per quanto tempo è stato pubblicato su carta?
Con una breve interruzione fino alla fine del 2000, poi le inserzioni calarono e non si riuscì più a coprire i costi. Si passò quindi all’edizione on line a partire dai primi di maggio 2001.
Del 14 giugno 2001 l’accordo con Peppino Motta per cui Arengario rinunciava alla pagina di corrispondenza con i lettori, che fin dal giornale cartaceo si chiamava Piazza d’Uomo, e confluiva nel forum Monza-Domeus che assumeva il nome di Monza-Piazza d’Uomo, e rimandava con un link ad arengario.net ; vedi le comunicazioni di Peppino sul forum e mia sul giornale:
http://arengario.net/piaz2001/piaz545b.html
http://arengario.net/piaz2001/piaz24.html
La situazione si mantenne immutata fino al febbraio 2006 quando Arcari, successore di Peppino Motta, “ha unilateralmente interrotto il rapporto facendo cancellare sulla home page del forum ogni riferimento ad Arengario: il logo Piazza d'Uomo ed il pulsante che conduceva alla home page di Arengario”, come ho scritto su Arengario http://arengario.net/citt/citt149.html .
Che ruolo ha oggi "l'Arengario"?
Arengario ha un solo sponsor e non vuole cercarne altri. Le possibilità economiche sono quindi limitatissime, non è possibile avere dei collaboratori retribuiti e questo preclude moltissime attività. Di più, i tempi si sono evoluti, sono nati nuovi siti e giornali on line, sono nati i blog e la “concorrenza” si sente: avevamo raggiunto le 1200 visite al giorno (tranne sabato e domenica) e attualmente siamo sulle 800, con circa 8000 pagine lette (le pagine on line sono 5928). Ciò può in parte dipendere da un nuovo programma di statistiche che, per esempio, esclude (giustamente) dal conteggio le visite dei motori di ricerca.
Arengario, pur essendo aggiornato quotidianamente, ha sempre avuto più la caratteristica di rivista che di giornale di attualità e stiamo cercando di accentuare questo suo aspetto.
Cosa pensi dell'affermazione di Arcari a proposito dell'accoglienza riservata all'epoca per "Domani"?
Mi sembra del tutto sballata: Arengario non faceva riferimento a nessun notabile, il sottoscritto ha avuto un incarico amministrativo, sottolineo amministrativo, su proposta dell’allora PDS e lo ha svolto, come doveroso, nel solo ed esclusivo interesse dell’azienda amministrata (e proprio per questo non è stato particolarmente amato dai politici), Gimmi Perego, consigliere comunale dei DS per una legislatura, ha fatto degli interventi se ben ricordo soltanto (o comunque soprattutto) nel forum Monza – Piazza d’Uomo, Giacomo Correale non mi risulta sia mai stato iscritto ad alcun partito, Annalisa Bemporad non si era neppure affacciata alla politica.
Quanto al forum di Peppino, Arengario ne era parte integrante, come detto in precedenza, ed era quindi impossibile lo si vedesse come concorrente!
Detto questo, con la solita sincerità, confesserò anche che invece è vero che noi di Arengario siamo rimasti molto male dalla fondazione di Domani in quanto pensavamo che forse sarebbe stato più logico cercare di potenziare Arengario, che è stato lasciato morire nella sua versione cartacea, anziché fondare un nuovo giornale. Lo abbiamo considerato come il solito difetto del centro sinistra che si divide su tutto. Abbiamo comunque fatto buon viso a cattivo gioco e non abbiamo certo contrastato il nuovo giornale.
Cosa pensi del mio "appello" per un giornale/rivista di approfondimento a Monza?
Devo essere sincero? Mi sembra che ci sia già e cioè che questo sia Arengario.
Pubblicato da larivistachevorrei alle 20:28 1 commenti
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Buone notizie, intanto.
Una buona notizia, anzi due per chi, come me, ha apprezzato il lavoro svolto da Diario e dalla sua redazione a partire dal 1996. La prima è che in edicola è disponibile su DVD a 14,90 € la raccolta completa di tutto il materiale pubblicato, tutti i numeri del settimanale, tutti i numeri speciali e anche i film, fra cui il travagliatissimo "Uccidete la democrazia!" sui presunti brogli elettorali del 2006. La seconda è che Diario riprenderà le pubblicazioni nei primi giorni di gennaio e uscirà ogni due settimane. Costerà un po' (7 € pare) ma è il prezzo dell'indipendenza. Non nascondo che il mio sogno nel cassetto è quello di fare un "Diario della Brianza". Intanto mi terrò stretto il Diario di Deaglio e fra i buoni propositi per il 2008 ci metto quello di acquistarlo con più assiduità che negli ultimi anni.
Pubblicato da larivistachevorrei alle 13:18 0 commenti
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venerdì 28 dicembre 2007
Ieri era Domani
Nei primi commenti arrivati, si parla della necessità di uno spazio di approfondimento a Monza come di un bisogno che si trascina da molto tempo. Ma perchè allora non è ad oggi ancora "soddisfatto"? Uno sguardo al (recente) passato può essere utile a capire cosa si è provato a fare in città e perchè quel "buco" sembra tutt'ora aperto.
L'esperienza del giornale "Domani" nelle parole di Carlo Arcari che ne fu direttore e oggi cura ForumMonza.info
Quando e come nacque "Domani"? di chi fu l'idea?
Domani venne ideato da me, Pippo Civati, Peppino Motta e Sandro Invidia nel febbraio del 2002 come strumento di comunicazione politica per le elezioni amministrative di Monza. L'iniziativa nasceva all'interno dell'area di opinione che faceva genericamente riferimento al forum di Peppino e non era frutto dell'elaborazione di nessuna forza politica o di gruppi organizzati. Era l'iniziativa di pochi intellettuali che si ponevano come avanguardia classica del movimento contro il governo Berlusconi e contro l'immobilismo dei vertici dei partiti del centro sinistra all'opposizione, in linea con gli animatori dei girotondi e del Palavobis, manifestazioni alle quali avevamo tutti (Motta escluso) partecipato.
Chi ci scriveva e come fu "coinvolto"?
Il giornale stentò a prendere forma (chi fa l'editore, chi il direttore, chi entra in redazione, ecc) e partì solo quando io ruppi gli indugi e con il sostegno di Pippo mi decisi a registrare come direttore la testata al Tribunale di Monza e come editore alla Camera di Commercio. Formammo una redazione che oltre ai fondatori comprendeva Carlo Vittone, Mauro Reali e un gruppo di giovani collaboratori tra cui Marta Villa e Simona Calvi e Antonio Cornacchia. Il primo numero uscì il 25 aprile 2002.
Come era finanziato?
Il finanziamento limitato ai costi di stampa e distribuzione (molto bassi perché il giornale settimanale era in bianco/nero) arrivò solo da Pippo Civati e Peppino Motta, oltre che da qualche piccolo sponsor privato
Quante copie tirava e quante ne vendeva?
Domani tirava 1.000 copie la settimana e ne vendeva un centinaio in edicola, altre due trecento ne vendeva alle manifestazioni politiche ed elettorali, il resto veniva "volantinato" per strada
Come fu accolto?
Male, soprattutto dal salottino di sinistra monzese che si riconosceva nell'Arengario, una testata residuo di altre stagioni politiche che faceva riferimento a un gruppo di ex amministratori e notabili del vecchio controsisnistra (Isman, Perego, Correale, Bemporad, ecc) e cher vedeva Domani (ma anche il forum di Peppino) come un concorrente (quando non un nemico). I Ds lo consideravano in due modi, alcuni la "loro" testata, altri un fiancheggiatore esterno. La Margherita e gli Ulivisti (Sergio Civati) un corpo estraneo o un organo dei DS)
Per quanto tempo è stato pubblicato? Perchè quell'esperienza si concluse?
Questa prima versione di Domani uscì fino alla fine di giugno del 2002, poi cessò le pubblicazioni perché di fatto la redazione dopo le elezioni si squagliò e i "politici" avevano altro da fare. Io non potevo sostenere da solo l'iniziativa e sospesi le uscite. Mi aspettavo che qualcuno venisse a dirmi qualcosa sul futuro, dal momento che avevamo vinto e qualche merito lo avevamo anche noi. almeno in termini di immagine. Invece niente, nessuno ci disse nulla. A settembre cercai di mettere insieme una nuova compagine editoriale e trovai cinque persone (tra cui Motta) disposte a investire qualche soldo nel rilancio del giornale che doveva diventare, non il sostegno giornalistico della nuova amministrazione, ma rappresentare l'area politica, culturale e sociale che aveva votato per Faglia e il centro sinistra, cioè la "Monza possibile" che aveva girato le spalle alla destra. Il nuovo Domani uscì con una nuova grafica e una redazione rafforzata che recuperava quasi tutti i vecchi collaboratori e ne integrava dei nuovi. I finanziatori promettevano il sostegno economico per sei mesi e una piccola remunerazione per redattori e grafici. C'era un sostegno dei Ds che prevedeva la distrubuzione in abbonamento gratuito di 300 copie la settimana ai militanti del partito.
La nuova versione uscì dalla fine di gennaio 2003 a luglio 2003, ma la sua vita fu molto travagliata politicamente. Quando iniziò a pubblicare le prime critiche alla giunta (politica culturale, caso Manson, affitti nelle cascine del Parco, arredo urbano, ecc) di fatto il giornale venne indicato (come il forum del resto) quale nemico principale della nuova amministrazione. Sul piano industriale i nuovi editori erano degli sprovveduti e si rivelarono incapaci di fare le cose minime per sostenere la testata (vendere la pubblicità, curare la distribuzione, persino consegnare i 300 abbonamenti già pagati dai DS). Dopo sei mesi di uscite settimanali si era accumulata una piccola perdita ma soprattutto c'era una forte opposizione da parte di Scanagatti e della giunta che non vedevano l'ora di eliminare i disturbatori. Di fatto dopo una riunione tra gli editori e il vicesindaco tenutasi a Palazzo comunale mi venne comunicata la decisione di chiudere. E così finì la storia di Domani.
Pubblicato da larivistachevorrei alle 13:24 1 commenti
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giovedì 27 dicembre 2007
Una città
C'è una cosa che ho imparato negli ultimi tempi a proposito di giornali e buone idee: ovunque nel mondo se c'è in giro una buona idea è giusto copiarla. Perchè no se non si violano copyright e cose così? "Una città" è un giornale molto bello, viene pubblicato da anni (è al 151° numero) e non ospita neppure una mezza pagina di pubblicità. Come fanno? Scoprilo tu stesso sul loro sito, puoi leggere tutte le interviste (interviste, non quelle orrende dichiarazioni senza contraddittorio a cui ci vogliono abituare la tivù e gli uffici stampa travestiti da giornale).
Lo raggiungi da qui: www.unacitta.it
La questione del finanziamento è imprescindibile per qualsiasi ipotesi di giornale o rivista. Copiare il "modello" di "Una città" potrebbe essere una buona idea.
Pubblicato da larivistachevorrei alle 20:11 0 commenti
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Il giornale che vorrei
Io credo che Monza e il suo territorio abbiano bisogno di qualche spazio di riflessione e di confronto in più. Credo ci sia il bisogno di far dialogare chi ci vive, chi ci lavora e chi la guarda da lontano. Io credo che ci sia il bisogno di una narrazione della città stessa — e di quanto le è contemporaneo — critica, capace di affrontare con decisione il suo presente e il suo futuro. Una narrazione che porti a individuare il senso di quanto accade e che non si fermi a esporre la cronologia dei fatti.
Io credo che fra gli spazi necessari alla città ce ne sia uno per un giornale di approfondimento e di analisi. Un giornale che non sia in affanno per inseguire la cronaca quotidiana o l'agenda di questa o quella scadenza, elettorale o finanziaria che sia. Un giornale che nasca con umiltà ma con presupposti ambiziosi, come ambiziosa è l'idea di darle vita non come un prodotto a sè, utile a dare un reddito a chi la scrive e la pubblica, ma come uno strumento per produrre un altro tipo di merce: la cultura, cioè la capacità di comprendere il perchè questo territorio è così, e non solo il cosa è e il come è.
Quello che accade, e ancor più quello che non accade, lo possiamo leggere sui tanti giornali che ci sono già, da quelli urlati a quelli vellutati. Perchè poi qualcosa accada o non accada è molto più difficile capirlo. Giornali che rincorrono i temi e i ritmi televisivi perchè non c'è tempo, non c'è attenzione, perchè i lettori sono sempre meno.
E se provassimo a rovesciare il canocchiale e ci accorgessimo che invece sono quelle notizie e quegli argomenti che portano i lettori/abitanti a cercare altro e altrove?
Un anno e mezzo fa lanciai la proposta di fondare una rivista che dal territorio di Monza e della Brianza guardasse a quanto sta intorno, con un punto di partenza e un ampio orizzonte come meta. Allora pensavo dovesse essere solo online, per una questione di costi soprattutto. Dover sostenere una spesa contenuta assicura più libertà nell'affrontare gli argomenti e più indipendenza dalla pubblicità, manifesta o sottopelle che sia.
Quella proposta pensai di farla confluire, qualche mese dopo, nell'ultimo nato fra i giornali della città. Con il tempo le scelte e le strade intraprese hanno dimostrato che quel bisogno di analisi e riflessione c'è ancora e con essa un vuoto da colmare.
Un altro giornale/rivista, per un altro tipo di narrazione. Che non vada in apnea fra cronaca e superficie. Pensiamoci insieme. Almeno questo lo possiamo fare da subito. Ora, qui.
Pubblicato da larivistachevorrei alle 13:46 11 commenti
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