domenica 10 febbraio 2008

È la stampa, bellezza

Fra informazione fastfood e ufficistampa travestiti da redazioni, l'attendibilità e la qualità dell'informazione si rivela per quello che è in una ricerca sui tanto osannati quotidiani inglesi "di qualità". Figuriamoci cosa verrebbe fuori facendo una indagine sui giornali nostrani. Da lsdi.it
Una ricerca dell’ Università di Cardiff ha accertato che l’ 80% degli articoli dei giornali di qualità del Regno Unito sono prevalentemente fatti riciclando notizie di agenzia o comunicati stampa - E che alcuni giornalisti ora producono materialmente almeno tre volte in più di quanto facessero 20 anni fa


Dal giornalismo al “churnalism”, produzione di massa di ignoranza

Quasi l’ 80% degli articoli pubblicati sui giornali nazionali di qualità del Regno Unito sono in buona parte fatti riciclando notizie di agenzia o comunicati stampa. E’ uno dei risultati di una recente ricerca realizzata dal Dipartimento di giornalismo dell’ Università di Cardiff, secondo cui – tra l’ altro – alcuni giornalisti di Fleet Street producono attualmente almeno tre volte in più di quanto facessero 20 anni fa.

La ricerca – spiega un articolo su Press.gazette.com – ha rilevato che la maggioranza dei servizi contenuti nei giornali nazionali britannici sono realizzati in gran parte con materiali forniti da Uffici stampa o agenzie. In particolare sarebbero queste le proporzioni: The Times, 69 per cento; The Daily Telegraph, 68 per cento; Daily Mail, 66 ; The Independent, 65, e The Guardian, 52 per cento.

Criticando aspramente quello che definisce “churnalism”*, Nik Davies, un esperto di media del Guardian, dice: “Ora più che in passato, siamo coinvolti in una produzione di massa di ignoranza perché le corporation e gli amministratori hanno tagliato gli organici, aumentato I nostri ritmi di lavoro e ci hanno definitivamente incatenato ai nostri desk”.


The Telegraph, Guardian e Times non hanno voluto commentare la ricerca, mentre PressGazette ha raccolto le reazioni nelle redazioni del Daily Mail e dell’ Independent che comunque, riporta Nicolas Kayser-Bril sull’ Observatoir des médias sono state del tipo: « Ah, ma noi no, noi non siamo così, forse gli altri».

Il “poco di giornalismo che produce la stampa”, commenta ancora Kaiser-Bril, “deriva dunque dal forte aumento del numero di articoli che il giornalista deve produrre. Risultato: del personale qualificato viene pagato per fare del copia-e-incolla e produrre articoli mediocri. Così Ci perdono tutti: i giornalisti, che non hanno più il tempo di fare il loro vero lavoro e agli editori che si ritrovano con tonnellate di invenduto”.

Una volta di più questo esempio mostra che il problema della stampa non si limita a internet. Il web ha semplicemente messo fine all’ oligopolio che gli assicurava dei margini di profitto indebiti. L’ arrivo della concorrenza online mette i media tradizionali di fronte alle loro contraddizioni. Il contenuto che essi producono è semplicemente non competitivo.

Unico problema: per cambiare modello e mentalità (cosa per cui sembra ci voglia molto tempo, stando a questa testimonianza di Howard Owens) ci vogliono soldi. Molti soldi. I giornali britannici ne ancora ancora un po’, visto che i tassi di profitto sono ancora vicini al 10%. In Francia – conclude Kaiser-Bril – il compito si annuncia più arduo. E da noi in Italia?

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* Da “churn out”, “produrre in grande quantità”. Vedi anche “Churnalism”, in Freemania, e “The difference between journalism and churnalism” (Guardian).

- La ricerca (eng) è scaricabile qui : http://www.cf.ac.uk/jomec/library/doc_lib/Quality_Independence_British_Journalism.pdf

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